Elena Dragotto welcomes listeners to her podcast where she encourages them to view their daily lives as a journey towards discovering their true essence as human beings. She answers common questions about personal growth and relationships, emphasizing the importance of personal development and dismantling old beliefs and patterns. She believes that the true purpose of life is to uncover our divine nature by removing the layers of conditioning and societal expectations. She encourages taking responsibility for our own emotions and experiences, and seeing them as opportunities for growth and learning. She challenges the idea of personal growth as something to be achieved or added, but rather as a process of unveiling our true selves. She emphasizes the importance of stepping out of victimhood and taking ownership of our choices and attitudes. She believes that everything that happens to us is a lesson and an opportunity to return to our authentic selves. Taking responsibility and seeing
Ciao, sono Elena Dragotto, benvenuta, benvenuto. Se oggi sei qui, vuol dire che stai scegliendo di guardare la tua vita con altri occhi e con altri obiettivi. In questi podcast ti propongo di guardare la tua quotidianità come un insegnante che ti accompagna benevolmente in un percorso evolutivo verso la scoperta della tua vera essenza di essere umano. In ogni episodio rispondo alle domande più comuni sulla crescita personale e sulle relazioni con se stessi e con gli altri, accompagnandoti in un percorso che, in tanti modi diversi, stiamo percorrendo insieme.
Buon ascolto! Ben ritrovati e benvenuti a chi ci sta seguendo in diretta e chi ci seguirà indifferita, sia sui canali social di Elena che sul suo canale di YouTube. Questa sera ci troviamo per un nuovo incontro, dopo il rientro dal Giastei, è vero, la rientrata. Come dici tu. Adesso parla anche Chiari, silenzio, silenzio. Lupetti è da solo. Questo nuovo incontro fa parte di questo ciclo di brevi riflessioni che ha voluto Elena sul tempo dell'istante, il tema di questa sera è un tema un po', l'ho sentito anche molto vicino all'ultimo che è stato molto intimo sulla vulnerabilità, quindi questa sera sarà crescita personale o smantellamento, quindi una domanda un po' provocatoria in qualche modo.
Anche pensavo rispetto a quello che normalmente viviamo nella società che adesso vuole in qualche modo una spinta alla crescita, crescita, evoluzione, come se non ci fosse un domani. Invece è veramente così, perché sembra quasi che così non andiamo bene e che dobbiamo fare qualcosa di diverso, quindi sarà interessante poi parlarne di questa cosa, come altri temi che hai dato, come spunti di riflessione che uno poi si porta nella vita quotidiana. Prima di cominciare una breve presentazione di Elena, Elena è dottore in psicologia, è una formatrice, una counselor relazionale in West Highland e anche Supervisor, si è formata direttamente con Al e Sid Rasson nella dinamica DC e West Highland, direttamente anche negli Stati Uniti Elena è andata.
A parte sessioni individuali, corsi, gruppi, ha fatto due edizioni della Scuola di Counseling, si è formata anche in Costellazioni Familiari e adesso per passione sta seguendo anche la musicosofia, che se non sbaglio Elena è interissima anche all'interno dei Giastei. Sì, lo abbiamo fatto nel Giastei di Fuerteventura, due settimane fa. Mi presento, ci siamo già conosciuti un'altra volta, sono Paola Decina, entriamo piano nel cuore di questo tema, perché crescita oppure smantellamento? Cosa vuol dire? Intanto Paola Decina è counselor, quindi è una collega, si è formata nella mia scuola, fa parte del mio staff, quindi intanto concludiamo la tua presentazione.
Poi buonasera a tutti, a chi è qui in presenza, chi è in presenza in diretta e chi mi ascolterà. Mi sta a cuore questo tema perché un po' cambia la prospettiva ed anche, visto che abbiamo già fatto l'intervista sul critico interiore, diciamo che prendiamo un po' le distanze anche dal punto di vista del nostro critico interiore, che è una nostra parte, che tutti quanti conosciamo molto bene. Crescita o smantellamento? Allora, ultimamente faccio molta fatica a usare questo termine di crescita personale.
Crescita dà l'idea di qualcosa che si deve aggiungere, come se ci fosse una carenza di base e quindi dobbiamo crescere, dobbiamo diventare qualcosa di diverso da chi siamo. Possibilmente migliore, questo qui poi è quello che auspica il nostro critico interiore, quindi si parte anche da un'idea di essere sbagliati, di esserlo proprio come persona. In realtà, per ora ho trovato questo orribile termine dello smantellamento, spero di trovarne un altro più carino. Scusamela, svelamento anche potrebbe essere, no? Sì, potrebbe, potrebbe, però svelamento non mi convince, non mi garba.
Per vedere qual è proprio, perché smantellamento, perché svelamento, perché in realtà chi siamo già c'è, già è lì, è che lo abbiamo dimenticato, lo abbiamo sotterrato, lo abbiamo coperto con un sacco di roba, che è la nostra personalità, questo è. Che è tutte le idee che abbiamo sul mondo, sulla vita, su di noi, sugli altri, ecco, queste sono tutte coperture che hanno messo veramente nel dimenticatoio, perché noi non lo percepiamo più quel diamante che è lì sotto, lì in fondo.
Il diamante che è lì sotto e che è lì in fondo è semplicemente la nostra natura, la nostra vera natura che è divina, non è certo terrestre. Quindi qual è il senso della vita? Il senso della vita è togliere tutte queste coperture per finalmente rincontrarci, reincontrarci là dove veramente siamo. Tutto il resto è un po' un teatrino, ma attenzione, questo teatrino è assolutamente funzionale, se io comincio ad avere questo scopo, funzionale proprio per arrivare lì a questo diamante, quindi non è che stiamo vivendo una vita inutile, inutile se pensiamo che abbia senso di per sé, se invece gli diamo questo senso, cioè di utilizzare tutto quello che ci accade, tutto quello che arriva nella nostra vita, lo utilizziamo per vedere che è una di quelle coperte da togliere, una di quelle coperture da togliere, allora ha una grande utilità, ha la giusta utilità, mi viene da dire quella.
Sembra un po' da quello che dici che è un po' tornare comunque a sé attraverso poi le esperienze che facciamo, quindi questo dà valore a quello che si fa, quindi l'esperienza ha tutto, ha tutto, però è come se comunque avessimo un obiettivo di raggiungimento di quello che porta alla pericità, ma è un ritorno effettivamente a qualcosa di più intimo, mi sembra di… È un ritorno alla nostra natura divina, sopra questa natura ci abbiamo messo un sacco di roba, tutta l'umanità intera ci ha messo un sacco di roba, da dentro, da fuori, cioè quindi dalla nostra personalità, da quello che ci circonda, quindi dalla cultura, la società, tutto questo è andato a coprire, quindi non la percepiamo neanche più, ed è veramente una natura totalmente diversa da quella che pensiamo di essere, però ecco che la meraviglia, la meraviglia è che siamo sempre al posto giusto, al momento giusto, è che tutto quello che ci sta capitando in questo momento è giusto per noi, per questo obiettivo.
Sì, è un paragoni funzionale proprio questo, no? Assolutamente, non è per dimostrare che siamo forti, per essere forti, per imparare ad essere forti, io non ne posso più di tutte queste prospettive performanti, sono stanca, il mio performer pure è stanco, anche lui, non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, non dobbiamo essere forti nel senso di lottare, combattere, no, no, ci dobbiamo arrendere, arrendere alla lezione del momento, la lezione da apprendere in quel momento. Però, come torno a ripetere, tutto fa brodo, nel senso che qualsiasi cosa ci troviamo di fronte, anche prepararci per una performance, io la posso fare sacro questo momento avendo un altro obiettivo, che non è quello della dimostrazione di forza, ma è quello di apprendere una lezione, e le lezioni sono sempre spirituali, passando dal mondo, dalla vita, però hanno sempre questa caratteristica, questa, no, questa caratteristica, questo cuore.
Sì, da dire che comunque è qualcosa che richiede poi, in ogni caso, coraggio, per prendersi un po' la responsabilità di vedere le cose da questo punto di vista, perché poi io so che in qualche modo quello che mi sta accadendo è funzionale, e mi prendo la responsabilità di quello che mi sta accadendo e della mia risposta a quello che sta accadendo. Certo. Questo è il primo passo, Paola. Questo è il primo passo, uscire dalla vittima, perché rimanere nella vittima del mondo, della vita, di Dio, degli altri, del vicino di casa, di mio marito, della mia compagna, di mia moglie, dei miei figli, non si va da nessuna parte, anche perché non è così, non siamo vittime di nessuno.
Prendiamoci responsabilità. Cosa vuol dire? Perché qui il tema, purtroppo, si può cadere nel tema della colpa, di chi è la colpa, che è la prima domanda che ci si fa di fronte a una situazione, si va a cercare il colpevole. In realtà non ci sono colpe, ci sono errori, io questo lo dico spesso, l'ho appreso e quindi lo propongo a me stessa in primis e poi agli altri. Quindi questo già spunta un po' le armi del critico.
Non siamo colpevoli, siamo ignoranti e facciamo errori. Quindi ignoriamo, in questo caso ignoriamo appunto la nostra vera natura e ci comportiamo di conseguenza come persone impotenti di fronte alla vita e agli altri, quindi ci poniamo nella posizione di vittima. Non lo siamo vittime, perché quello che ci accade appunto ha questo senso, di riportarci a casa. Sono lezioni, sono apprendimenti per seguire in quella direzione. Quindi il primo passo è prendersi responsabilità. Non è colpa dell'altro se sono felice, se sono triste, se mi sento distrutto, se mi sento al settimo cielo.
Non è né colpa né merito dell'altro. Sto scegliendo di fronte a una situazione di essere felice o triste. Quale atteggiamento poi scelgo di… In quale attitudine mi pongo. Se mi metto in questa attitudine che mi prendo responsabilità, che sto scegliendo quella emozione o quel sentimento, allora bene, si apre una certa strada. E quindi comincio a vedere le cose come una lezione costante, ma una lezione nel senso buona, amorevole, non una lezione nel senso l'abbastanza. Attenzione alle parole.
Attento a quello che fai. No, una lezione da apprendere. Io sono venuta apposta, sono qua per tornare a casa. Quindi ogni cosa che mi accade io la posso fare sacra. La faccio sacra. Come la faccio sacra? La identifico per quello che è. Me ne prendo responsabilità. Un altro punto di vista poi, no? Totalmente. Esco dalla vittima. Le cose non mi capitano. Non esistono le cose che capitano. Non esistono mai. Neanche quelle più iperboliche, incredibili, non capitano.
Da qualche parte, non certo qui, non certo con il nostro cervello, le abbiamo scelte. Proprio per fare questo cammino. E quindi c'è un alleggerimento in questo. Quindi non siamo incapaci, per esempio, non siamo incapaci. Quindi, ah, guarda te. Mi capita sempre questa storia d'amore. Finisce sempre così. Sono io che non ho imparato. Sono io che non ho fatto. Tutto il critico qui si ingrassa. I nostri critici sono tutti obesi, praticamente. Si ingrassano ogni piesso spinto con qualsiasi situazione.
No, è che ho talmente paura di lasciare una condizione interiore che non riesco ad imparare quella lezione. Quindi guardiamoci in questo modo. Non riesco ad imparare quella lezione che mi avvicina a questo continuo smantellamento, mi avvicina alla mia essenza. La mia essenza che è appunto un'essenza divina ed è un'essenza che condivido con gli altri. Quindi questo lavoro di smantellamento sempre più mi fa uscire anche dalla separazione con gli altri. Perché alla fine siamo tutti uguali. Tutti scintille divine.
Chiamatelo come volete. Espressioni. Comunque c'è ancora un frammento divino in noi. Ed è quello che non sentiamo più, ma è quello verso cui possiamo indirizzare la nostra vita. Quello che ci frena in questo cammino è l'attaccamento a delle idee che abbiamo su di noi e anche a delle immagini. Mi viene da dire che questo smantellamento ha anche rispetto a... ma veramente sono così, no? Perché o c'è fenestro di esserlo, ma in realtà forse la comprensione di chi sono richiede un fermarsi e un po' questo prendere le distanze, no? In qualche modo.
Anche lo vediamo attraverso le sessioni, no? Comunque nella sessione sottesta, ma comunque nel lavoro che si fa con la dinamica dei sé. E quindi... dove sono rispetto a tutte queste parti. Voice dialogue, che è la sessione, appunto, nella dinamica dei sé, che è tutta la parte teorica, aiuta a questo smantellamento. Qui si usa un altro termine che è la disidentificazione, no? Ma disidentificarsi dai sé in cui siamo identificati ci porta proprio a questo. Intanto a riconoscere chi siamo e tutte queste sub-personalità, ma alla fine ad andare a smantellare anche questa pseudo-dualità, per certi versi la dualità esiste qui, però alla fine a forza di separarsi, separarsi, separarsi, separarsi, si arriva a quel vuoto dove si incontra, si incontra veramente la nostra essenza e questo è il compito, il ruolo del cosiddetto processo dell'io cosciente, no? Quindi questo, appunto, è un cammino verso sé stessi, non una crescita, come si diceva all'inizio.
E questo mi è sempre più chiaro. È sempre più chiaro che ci sono delle sovrastrutture, in realtà, in questo processo che io incontro, che sono d'intralcio. D'altra parte, come si accennava anche prima, prendersi questa responsabilità, cominciare a smantellare è un po' un disfare. Quindi disfarsi. E questo spaventa. Perché appunto poi le domande sono, ma io chi sono allora? Non sono il mio lavoro, non sono il mio ruolo in famiglia, non sono una figlia, non sono una madre, non sono...
Ai ai ai, chi sono allora? Perché ci credo tanto a questi ruoli e ok, vanno bene. Nel senso, prima di smantellare, scusami, prima di smantellare, devo conoscere cosa devo smantellare. Quindi prima affastello, dopodiché in maniera consapevole faccio questo lavoro. Quindi è necessario, così come si dice nella dinamica dei sé, sono necessari i sé primari, questi sé in cui siamo identificati, sono fondamentali, sono la nostra salvezza, la nostra sopravvivenza. Quindi prima costruisco e poi smantello, e poi comincio a togliere, comincio a guardare in un'altra direzione.
Quindi questo è quello che intendevo dire questa sera. E quindi c'è anche un'altra parola che mi interessa, che è una parola particolare, una parola che si ritrova nei nostri corsi, per questo anche i nostri corsi non sono telematici, non sono in zoom, non sono mordi e fuggi, e la parola è processo, processo nel senso di procedere. Potremmo raggiungere quel luogo lì in fondo in un istante, se non lo facciamo è per paura, e quindi però abbiamo bisogno di un processo di avvicinamento.
Cosa succede in questo processo di avvicinamento? Sempre più, sempre più la paura in percentuale lascia un po' di spazio alla fiducia, e quindi si vanno ad equilibrare, e allora io posso fare il passo successivo. Perché la fiducia? Perché vedo che stando nel processo le cose si muovono, le cose cambiano, io comincio ad avere altre percezioni di me, del mondo, degli altri, e per questo ci vuole tempo, anche se è una contraddizione, perché basterebbe un istante, ma per come siamo ridotti ci vuole tempo, ci vuole responsabilità di se stessi, ci vuole disciplina, ma non nel senso alzati alle sette, fai la sessione dalle sette alle otto, tutti i giorni.
La disciplina è una costante attenzione, uno costante osservarsi, cioè dedicarsi del tempo, così come lo dedichiamo al lavoro, come lo dedichiamo alla famiglia, come lo dedichiamo ai nostri hobby, come lo dedichiamo al parrucchiere, come lo dedichiamo a tutto. E invece pensiamo che con noi, noi andiamo a cercare miracoli nei corsi, i miracoli sono possibili, ma ci vuole una disponibilità, e questa disponibilità interiore si conquista nel tempo, si raggiunge nel tempo, non si conquista, si raggiunge nel tempo, ed è questo sottile equilibrio che cambia nel tempo, nel processo, tra paura e fiducia.
Diminuisce la paura, aumenta la fiducia. Con questo devo dire che anche il lavoro di gruppo aiutò molto, quando si fanno gli incontri, chi ti segue e chi ha seguito i tuoi corsi sa bene qual è l'atmosfera che si crea di supporto, ma di contenimento che c'è nei lavori di gruppo e che ti permette comunque di avere fiducia, perché sai che lì è un ambiente, infatti mi veniva di aggiungere, ci vuole anche lo spazio giusto, nel senso di fare alcuni lavori proprio, ma affidarsi anche a lavori che possano comunque aiutare questo avvicinamento.
Quello che accade in un gruppo, intanto un gruppo è uno specchio amplificato, perché ogni partecipante è una parte di noi, quindi proprio lì sguazziamo negli specchi, quindi abbiamo un sacco di insegnanti a disposizione, che sono tutte le persone che sono nel gruppo, e questo l'ho rivisto chiaramente nel Just Stay a Fuerteventura, che abbiamo fatto appunto due settimane fa, è chiarissimo, poi lì ancora di più, perché veramente non c'è una tematica, io lavoro con quello che emerge, quindi figuriamoci, lì è tutto proprio un meraviglioso, navigare a vista, stare, proprio stare con quello che c'è, ovviamente con fiducia, perché se no...
Quindi con fiducia nell'esistenza, perché la fiducia è nell'esistenza quella che aumenta, perché l'esistenza è amorevole ed è paziente, un'altra parola che non siamo più abituati, noi andiamo a cercare miracoli, pensando del cotto e mangiato, no? Vado, faccio il weekend e torno miracolata, ma c'è anche un allenamento alla pazienza con noi stessi, perché non funziona così, altrimenti saremmo tutti ascesi al cielo, se non lo siamo, perché evidentemente non funziona così, nell'istante, anche se c'è l'opportunità, ma non la cogliamo, perché è talmente la paura, è talmente la non fiducia, che siamo dove siamo.
Siamo arrivati quasi al termine, quindi... Aspetta che voglio chiudere un secondo, quindi questo processo, affidarsi al processo, e vedere aumentata la fiducia nel processo, è quello che ci aiuta ad andare avanti e a mettere radici con i passi che facciamo, non a tornare indietro, perché io posso anche fare appunto un corso che dura poco, tornare euforica, veramente avendo compreso delle cose, ma hanno messo radici quelle cose? Come sarà fra sei mesi? Stavi dicendo, Paola? Sì, e a questo punto ti chiederei in che modo possiamo attuare, cioè, o dare corso, origine, inizio a questo processo di smantellamento poi, no? Come possiamo farlo? Sicuramente i nostri ascoltatori avranno, i nostri spettatori, avranno già iniziato i loro percorsi, no, di evolutivi, io non so più di smantellamento, usiamo questa parola.
E quindi, bene, no, questo può aiutare, fare un corso, può aiutare anche osservarsi, osservarsi, come agisco in certe situazioni, no? Attivare questo sé che è l'osservatore, come mi comporto in questa situazione? E questo ci insegna su di noi, ci racconta di noi, quindi la consapevolezza di noi stessi è fondamentale. E poi, ovviamente, stiamo, adesso in aprile avremo un corso proprio sul critico interiore, che veramente in questa società, che ci vuole tutti belli, tutti perfetti, tutti performanti, di successo, ricchi, famosi, questi critici sono appunto tutti obesi, quindi mentre mandiamo loro in qualche beauty farm a dimagrire, venite a fare il corso Brutti, Sporti e Cattivi, o no, o no, col punto interrogativo, che si svolgerà a Roma il 6 e 7 aprile.
E poi la maestra, la maestra del ritorno a casa, cioè la relazione, incontri in maggio e in giugno, dal bisogno alla saggezza, la via delle relazioni. La relazione è veramente l'insegnante per eccellenza, per eccellenza. E questo è, quindi sono gli appuntamenti che vi propongo, le informazioni in questi due giorni saranno inserite sul mio sito elenadragotto.com, oppure infochiocciolaelenadragotto.com per avere informazioni dirette. Io lascio, invece do anche come informazione l'altro incontro che ci sarà invece il mercoledì 20 marzo.
La prossima intervista. La prossima intervista, sì, il prossimo incontro intervista. Primavera, attrazioni e innamoramento, quindi un tema fulcicarello, così di... Fulcicarello. Fulcicarello. Prima di chiudere, quale sarà la domanda di questa sera? Quale sarà lo spunto, la riflessione su cui potremmo riflettere? Infatti, proprio riflettere è la parola giusta. Questa sera la domanda è molto semplice. Come ti senti alla fine di ciò che hai ascoltato? Come stai? Quali sono le emozioni che stai provando in questo momento? Semplicemente ascoltale, osservati, senza dargli neanche una giustificazione, neanche una motivazione.
Però ascoltati. Come ti senti alla fine di questa intervista? Grazie. Grazie. Alla prossima. Grazie a tutti. Un saluto. Grazie Paola. Ciao Ale. Ciao ciao. Ciao.