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In this speech, Gianpietro Ghidini discusses the importance of overcoming pain and finding oneself. He shares his personal journey of losing everything and rediscovering his true self. He emphasizes that society often promotes the pursuit of material success and happiness, but true happiness lies in finding serenity within oneself. Ghidini encourages the audience to focus on values such as collaboration and helping others, rather than solely on personal achievements. He also highlights the dangers of addiction and the negative effects of societal pressure. Allora ragazzi, benvenuti e diamo il benvenuto per il secondo anno di seguito a Gianpietro Ghidini, che ci fa davvero onore della sua presenza. Nelle nostre classi Lascia amicolare è stato letto, è stato in qualche modo affrontato, anche se non integralmente, ma abbiamo lanciato ai nostri ragazzi il messaggio, che è un messaggio di speranza, ma nello stesso tempo è un messaggio anche di forza, perché sicuramente non avremo solo a riflettere sulla questione delle dipendenze, ma il tuo incontro è un incontro motivazionale, che ha a che fare in realtà con la trasformazione del dolore, vero, in qualcosa di positivo. E pertanto, oltre a dare il benvenuto a te e a nome dell'istituto, quindi del dirigente Luca Guerranti, della vicepreside Beatrice Cappelli, darti il benvenuto, ti lascio la parola, perché penso che meglio di te nessuno possa dare inizio a questo incontro. È quasi tutto esaurito, avete contato bene i posti, però vedo che là c'è un posto libero, o due, e ogni volta che sono a raccontare un po' la mia storia, guardo sempre a quel posto libero, perché in qualche modo immagino mio figlio seduto lì ad ascoltarmi. E oggi io qui non sono venuto per insegnarvi, non ho nulla da insegnare, non sono venuto a raccontarvi di quanto sono stato figo nella vita, del successo che ho avuto, dei risultati che ho avuto, come spesso tanti ci paventano, ci fanno vedere questo, l'importanza di ottenere risultati, ma vi racconterò soprattutto dei miei errori, dei miei fallimenti, di come forse da dieci anni a questa parte io abbia cominciato a rinascere, a conoscere veramente me stesso, dopo aver perso tutto, tutto quello che ritenevo importante. La vita è strana, quando tu ti vedi perduto, quando tutto sembra finito, quando non ci sembra più una via d'uscita, forse scatta qualcosa che è il momento di ricominciare, di partire, per cominciare a trovare te stesso. Ecco, il viaggio che faremo oggi, sì, parleremo anche di dipendenze, ma soprattutto parleremo di vita, del senso della vita, e soprattutto faremo un viaggio attraverso il dolore, per attraversarlo tutto fino in fondo, perché qui da davanti a voi avete un folle, io mi definisco folle, ma un folle consapevole, ho scelto di esserlo, perché a volte per sopravvivere a questo mondo bisogna diventare un po' folli. Un folle che vi illustrerà una teoria, la teoria del folle. E la teoria parte proprio dal dolore, perché io credo che il dolore sia l'unico elemento che tutti prima o poi incontriamo, che caratterizza ogni essere umano, il bello, il brutto, il ricco, il povero, prima o poi tutti lo incontriamo, quel personaggio invisibile che si chiama dolore. E io credo che la partita della vita ce la giochiamo quando incontriamo questo personaggio, quando incontriamo il dolore vero, profondo, perché il mondo di oggi ci vuole dare una sola strada, quella di rifiutare il dolore, perché il dolore provoca sofferenza, io non devo mai soffrire, e loro hanno inventato ogni tipo di pastiglia per ogni tipo di dolore, hanno inventato le droghe, sì ho l'ansia, sto male, mi accendo una canna con gli amici, mi passa, peccato che poi quando passa l'effetto ti torna, però un'altra, me ne faccio due, tre, mi anichilisco, mi spengo, alcol, fiumi di alcol, perché l'alcol è cultura, no? E' come bere, guardate quali persone aperitivi e tutto spiano, via, senza accorgersi che in fondo quel momento di ebrezza, quel perderti un pochino, non è altro che una via di fuga, quasi entrare in un imbuto per dimenticare le tue frustrazioni, le tue sofferenze. Poi hanno inventato le dipendenze psicologiche, il gioco d'azzardo, la pornografia, persino un televisore e un telefonino diventano luoghi nei quali fuggire per non pensare. Ecco, il mondo non vuole che noi ci ritroviamo, non vuole che noi facciamo un percorso ascoltandoci dentro, ma vuole indicarci la via e qual è la via? Quella di cercare la felicità. Se chiedi a una persona cosa vorrebbe dalla vita, vorresti essere felice tu per sempre? E chi non vorrebbe essere felice? Chiedi a chiunque e dice io voglio essere felice, è logico, ma il problema sapete qual è? Che ci indicano anche dov'è la felicità. Ogni giorno. E ci dicono che la felicità è nel denaro, nel successo, nella bellezza, nell'essere fighi, nell'essere davanti agli altri. Un mondo basato solo sulla competizione perché solo se avrai soldi, solo se avrai successo, tu sarai felice. Questo è il paradigma del mondo di oggi. E piano piano quella roba qui, anche se tu quando sei giovane non la vuoi sentire, non ci credi, vuoi cercare altri valori nella tua vita. Piano piano te la mettono dentro, nel cervello, nel cuore, perché ti fanno vedere ogni giorno le storie di successo di quelli che ce l'hanno fatta, ti fanno vedere che se tu hai soldi puoi andare ai Caraibi domani mattina con il jet privato, puoi avere la Tesla più bella del mondo, puoi avere tutto, perfino le persone puoi comprare con i soldi. Questo è il mondo di oggi. E allora piano piano questo tossico pensiero ti entra dentro, come era entrato dentro di me. Perché io alla vostra età avevo un sogno, che era nato anche quando ero più piccolo. E spero che anche voi abbiate dei sogni, un sogno grande nella vostra vita, dovete averne uno grande. Io dico sempre un sogno grande, immenso, e uno piccolo, più piccolo, che è la professione che devi fare. Ma devi avergli questi sogni. Il mio sogno sapete qual era? Io volevo cambiare il mondo. Sognavo un mondo che non fosse basato solo sulla competizione, solo su chi ce l'aveva fatta, era là in cima e gli altri tutti lì a guardarlo, ma un mondo basato sulla condivisione, sulla collaborazione, dove chi era più fortunato aiutasse chi era più sfortunato. Questo era il mondo che sognavo. E allora mi ero messo in testa fin da ragazzo che avrei dovuto diventare ricco, perché vedevo nel denaro non una cosa negativa, ma un'opportunità per aiutare gli altri. Io penso che il denaro non sia sbagliato, è sempre l'uso che ne facciamo delle cose che può determinare se è giusto o sbagliato. Allora io inizi a studiare, ero di famiglia di modeste origini, dovevo lavorare per mantenermi gli studi, ma ho fatto il liceo scientifico, poi mi sono laureato in economia e commercio, poi mi sono sposato con Serenella, ho avuto tre figli meravigliosi, Alessandra, Emanuele, Giulia, e tutto andava bene. Cominciava l'idea nella mia testa, però, della famiglia perfetta, del tutto perfetto, della famiglia del mulino bianco, e poco alla volta, io ho cominciato a fare il manager, vengo da Brescia, dove ci sono tante piccole e medie imprese, lavoravo nelle aziende, facevo l'amministratore delegato di diverse società, e poco alla volta cos'era accaduto dentro di me? Che mi ero dimenticato di quei valori profondi che avevo da ragazzo. Mi erano stati sostituiti con un'idea, e cioè l'idea che il ruolo di un padre dovesse essere quello di non far mancare nulla di materiale ai propri figli. La buona scuola, i bei vestitini, la casa grande, poi una più grande ancora, poi una più grande ancora. Perché mi ero fatto convincere piano piano che nella vita bisognava cercare la felicità, e che la felicità era associata al successo e al denaro. Più sarei stato ricco, più sarei stato felice. E piano piano, col badile, avevo seppellito quel ragazzo con i suoi sogni. Piano piano ero diventato egoista, quello che contava era il giudizio degli altri, il fatto era importante che mi vedessero come la persona perfetta, i miei figli persino vedermi come il papà perfetto che non sbaglia mai, Superman. Mi ero messo una maschera, una maschera fatta di arroganza, di orgoglio, di incapacità di vedere nel cuore degli altri, incapace di vedere forse la sofferenza o qualcosa che mio figlio Emanuele portava dentro e che io non vedevo. Avevamo uno bel rapporto, ma era un rapporto nel quale non sapevo entrare nel suo cuore. A volte arrivavo a casa, quando lo vedevo, la prima cosa che gli dicevo era tira giù i piedi dal tavolino, tira su le braga e tira giù il capellino, non stare alla play, non stare al telefonino, sembravo un rapper. E non gli chiedevo mai come stai, Ema, come ti senti dentro. Cosa posso fare per essere un papà migliore, no? Eppure tutte le volte che lo incontravo lui mi guardava e mi chiedeva sempre papà, come stai? Capisci? Nella mia arroganza correvo, ero diventato come un criceto dentro una rotellina in quella gabbietta che girava, girava, girava, senza una destinazione. E quanto contava il giudizio, il peso degli altri, e quanti amici avevi. Ricordatevi nella vita quando le cose vi andranno bene, sarete circondati da un sacco di amici e di amiche, ma non saprai mai quali sono quelli veri, fin quando non ti troverai in ginocchio, in difficoltà, allora lì capirai quelli che restano, perché i più tanti spariranno tutti. E a me accadde una cosa, nel 2000, fate conto 23 anni fa, ero amministratore delegato di 10 società, non mi mancava nulla, avevo comprato 4 ville, perché non basta una, 4, per fare una gara a chi diventava il più ricco del cimitero, perché è questo che facciamo. E lì, guardandomi indietro, mi sono accorto di quanto mi fossi smarrito e di quanto questo concetto di inseguire una felicità effimera, fatta di cose, dell'avere sempre di più, era un inseguire, come arrivava questa felicità, poi se ne andava, dovevi avere qualcos'altro e qualcos'altro ancora e non bastava mai. E ho capito oggi, e ve lo dico ragazzi, la felicità, quel tipo di felicità fatta di cose, del godertela, del piacere personale, è una truffa. È una truffa che ti vogliono propinare perché tu ti metti a correre, diventi una pedina del sistema che deve correre come un pazzo per svegliarti un giorno infelice e incapace di trovare gioia nella tua vita. Quello che oggi sto cercando, lo vedremo nella seconda parte dell'incontro, è un'altra parola che è simile alla felicità, ma è una sua cugina, ma completamente diversa. Questa parola è la serenità, che è una gioia, una pace che non viene da fuori, non viene dall'avere mille cose, non viene dall'essere figo davanti agli altri o dimostrato di aver successo. La serenità, la gioia, scatolisce da dentro di noi. Ma devo essere capace di ascoltarmi, di ascoltare quella voce che è dentro di me, che si chiama coscienza, che mi dice quando io mi comporto male nella vita, che mi dice quando ho ferito un amico o un'amica e non sono capace di chiedere scusa perché l'orgoglio mi vuol sempre dimostrare che ho ragione io. Quella voce che ti invita a perdonare gli altri, non a cercare vendetta. Eppure, l'orgoglio che abbiamo è così grande che a volte preferiamo distruggere un rapporto piuttosto che dire scusa o sbagliato. E quella voce che ti dice quando tu menti ai tuoi genitori, alle persone che ti vogliono bene, alle persone che ti danno fiducia, al tuo fidanzato, alla fidanzata, per cercare cosa, quella perversione di 5 minuti di brivido, ti metti a raccontare menzogne e poi ti chiedi perché stai male. Ecco, quella voce ti suggerirebbe quali sono le soluzioni per vincere l'ansia, la depressione, le difficoltà perché le risposte tu le sai già, ma devi cominciare a camminare, è la vita. E nel 2000 volevo sempre di più in questa gara folle e accade una cosa, arrivo al 2001 probabilmente nessuno, voi non c'eravate neanche ancora nel 2001, nel 2001 accade una cosa, a settembre 2001, l'11 settembre, lo sapete quello che è successo, ci fu l'attacco alle Torri Gemelle, in quel periodo io investivo in borsa perché ovviamente tu devi diventare il più ricco del cimitero, investivo e nel crollare le Torri Gemelle sono crollate anche tutte le borse, le azioni in borsa e io quel giorno, in un giorno solo, ho perso tutto quello che avevo, sono passato come si dice dalle stelle, alle stalle, quell'uomo che pensava di aver capito tutto della vita era in ginocchio e a un certo punto mi sono guardato allo specchio e anziché vedere in quel momento, in quel fatto, un'opportunità, l'opportunità di ricominciare da un'altra prospettiva, la prospettiva dell'essere umano, la prospettiva della macchina che deve solo fare, fare, fare, cominciare a guardare i miei figli in un'altra prospettiva, ritornare un po' a quel ragazzo che con i suoi sogni, no, non ho capito nulla, ho visto dentro nello specchio un uomo che aveva paura, paura di diventare povero, paura di restare solo, paura di essere giudicato come un fallito, un incapace, paura di perdere gli amici, cosa che accade puntualmente, me ne rimase solo uno, tutti gli altri via, sono rimasti vicini i parenti, il fratello, la sorella, gli amici che prima erano a casa mia, che venivano con lo champagne a dirti che eri un figo, adesso scomparivano e andavano in giro a dire che eri un fallito, un incapace, un buono a nulla, che lo avevano sempre saputo e lì comincii a conoscere le persone quando sei in ginocchio, ma non conoscevo ancora me stesso, non volevo conoscere me stesso, non volevo togliermi quella maschera che avevo deciso quel giorno che avrei dovuto lavorare ancora di più, impegnarmi ancora di più, rischiare ancora di più per ritornare a quello di prima, perché lì dovevo tornare, non dovevo togliermi la maschera, perché la felicità era lì, nel successo, non potevo perderla e non avrei mai potuto essere felice, povero, questa era la manipolazione che mi ero fatto fare nella mia mente, nel mio cuore, mi stavo allontanando così tanto da me stesso che ho rischiato di perdermi per sempre, perché credo che ci sia un punto di non ritorno che quando la nostra mente è così tanto manipolata e convinta delle cose non torni più indietro e passano gli anni ti rifai un po', mille battaglie, cose pazzesche ho fatto fin quando mi sono rimesso in piedi, ma non sei contento, ti manca ancora qualcosa e nel 2012 dopo 33 anni che ero consieme a mia moglie e siamo conosciuti a 18 anni da fidanzati, dopo tre figli, dopo una vita insieme vado da lei e le dico non ti amo più me ne vado, perché mi ero convinto che era lontana da me, non poteva esserli in parte, quante volte andiamo a cercarla lontano e ce l'abbiamo accanto, ricordo ancora i suoi occhi pieni di lacrime quando sul lago di Garda l'avevo lasciata e io duro, duro, cinico non potevo tentennare perché non l'avrei fatto e sono andato via di casa per circa un anno e mi ricordo quando lo dissi ad Emanuele gli dissi Ema guarda che me ne vado io e la mamma ci lasciamo e lui mi ha guardato con gli occhi lucidi mi ha detto papà io non voglio io non voglio e gli ho detto guarda che a volte noi adulti facciamo cose giuste o sbagliate che siano dovete accettarle anche se in realtà un giorno mi sarei mangiato la lingua perché noi adulti ci facciamo scappare a volte con le frasi bastarde che non dovremmo mai pronunciare un giorno mentre litigavamo con mia moglie per un voto a scuola di Emanuele e voleva che prendesse il professore per le ripetizioni io dicevo no deve arrangiarsi da solo in questa discussione guardo Emanuele e gli dici prima che mi separassi e gli dico Emanuele tu ci farai separare perché adesso lui probabilmente sentiva inconsciamente tutto il peso di quella separazione e non c'entrava niente lui era una roba mia era un problema mio di una mia incapacità di ritrovarmi di togliermi con la maschera e dopo pochi mesi però di quel viaggio di quella lontananza ho scoperto che amavo ancora mia moglie amavo ancora lei e abbiamo ricominciato a ricostruire il nostro rapporto vedendoci prima una volta ogni 15 giorni poi una volta alla settimana insomma ci incontravamo ed era tutto progettato perché io ritornassi a casa avevo deciso di tornare e guardate com'è la vita me ne ero andato il 22 settembre del 2012 di casa il 22 settembre 2013 decido di tornare esattamente un anno dopo e ero con una compagna che non amavo una bella donna tra l'altro ho scoperto che era anche ricca aveva 100 appartamenti potevo anche mettermi a posto non lavorare più e le ho detto che non l'amavo e decido di andare via era una domenica 22 settembre 2013 carico la mia roba in macchina e questa esce si strappa i capelli sulla macchina mi dice non andartene io muoio e qui devo dire una cosa che il tuo sì sia sì che il tuo no sia no lo dico ai ragazzi soprattutto non pensiamo nella vita di poter accontentare tutti devi avere il coraggio di tirare quel calcio di rigore e non voler tenere i piedi in due scarpe perché tante volte noi non vorremmo mai scontentare le persone ma se tu lasci una persona non puoi renderla felice ci sarà un momento nella quale una persona è triste bisogna avere il coraggio di dire che non l'ami non puoi rendere felice chi lasci e invece io mi sono fatto impietosire e ho detto vabbè dopo ancora un paio di mesi metter posto la situazione tornerò per Natale la festa è insieme smonto la mia macchina e resto lì proprio quell'idea di poter rendere felici tutti che è una cagata non esiste quando fai una scelta c'è anche una rinuncia dall'altra parte smonto la mia macchina rimango lì e in quel periodo di mia ecco decisione comunque ecco mi ero convinto che la vita mi avesse graziato perché pensiamo sempre che la vita ci consenta mille errori mille sbagli per correre mille strade e non la paghiamo mai e in effetti l'opportunità me l'aveva data e in quei mesi gli ultimi mesi fino a novembre io e mia moglie cerchiamo di ricostruire questo rapporto e abbassiamo un po' lo sguardo su Emanuele che in quel periodo conosce dei ragazzi più grandi lui aveva 16 anni conosce una compagnia di ragazzi di 19-20 anni e si attacca un po' a questi che non è sbagliato conoscere il ragazzo più grande ci mancherebbe il problema è quali valori questo ragazzo ha nella propria vita perché questo gruppo di ragazzi in realtà erano dediti alle feste all'alcol alle canne e allo spaccio e io in lontananza mi ero accorto che c'era qualcosa che non andava ma gli avevo deciso di dargli fiducia aveva 16 anni compiuti quasi 17 gli avevo parlato e gli ho detto Emanuele, quei ragazzi lì non sono i tuoi vecchi amici che persone sono papà abbi fiducia stai tranquillo sono bravi ragazzi poi io certe cose non le farò le solite rassicurazioni dei ragazzi era il 23 novembre 2013 quindi tra due mesi no tra un mese poco più di un mese saranno dieci anni 23 novembre vado a casa quindi non ero ancora rientrato a casa ero lì in procinto di tornare vado a casa a mangiare a pranzo è un sabato incontro Emanuele che tra l'altro lui era sempre sorridente ogni giorno invece era era cupo in volto, serio e ho capito subito che c'era qualcosa che non andava forse qualche casino che aveva fatto con questi ragazzi nuovi, non lo so qualche debito di canne io immagino quella roba lì l'ho guardato negli occhi e gli ho detto subito Emanuele, ti vedo serio dobbiamo parlarci io e te ecco forse davvero per la prima volta ero pronto ad ascoltarlo ascoltandolo col cuore senza giudicarlo senza puntare il dito secondo me è quel rospo giù che devi tirare fuori era lì pronto a raccontarmi qualcosa di grave di importante forse che aveva fatto di difficile ma ho buttato al vento la mia occasione perché mi è venuto in mente allora portavo ancora l'orologio dico caspita Emanuele devo scappare perché ho un appuntamento di lavoro per un business nuovo per i soldi perché sai i soldi scappano i figli ci sono sempre e dico vado e ci vediamo domani a luna sono partito e sono arrivato puntuale a questo appuntamento la sera Emanuele chiede alla mamma se può andare a una festa con questi ragazzi festa di compleanno lì vicino a casa lei si informa ai ragazzi più grandi dice sono responsabili in realtà non sapeva che era un vero e proprio rave party Emanuele va a quella festa e lì gira di tutto alcol, canne e qualcuno porta dei cartoni di LSD avete sentito parlare droghe allucinate tra l'altro non è neanche LSD è roba chimica che fanno in casa che ti fa delle bombe che ti fa venire le allucinazioni e propongono anche a Emma quella roba lì e lui non sa dire di no perché quando si è adolescenti si pensa no fare quello che fanno gli altri perché altrimenti sei uno sfigato sei paura e nella sua testa lui si convince che deve farlo che dire no si sarebbe dimostrato bambino si sarebbe dimostrato un pauroso ma guardate ragazzi e ragazze che il vero coraggio non è dire sì come le pecore il vero coraggio è ascoltare le proprie paure non dire no grazie a quella roba lì Emanuele invece quella sera ha fatto la pecora alla presa dicono si mette sulla lingua mi farebbe schifo sono pensati ha cominciato a star male tutti perché c'è che è una roba troppo potente Emanuele che era probabilmente la prima volta è stato molto male ma non fisicamente a un certo punto si è messo a urlare io devo uccidermi lo accompagnano di corsa a casa e rimane con lui Chris un ragazzo di circa 20 anni che abitano lontano da noi Emanuele già in tasca il telecomando apre il cancello di casa noi abitiamo in centro paese in un paese che si chiama Gavardo che è vicino a Salò parte sud ovest del lago di Garda in provincia di Brescia entra dentro nel giardino il cancello si chiude e i due amici entrano nella casetta di legno che è all'inizio del nostro giardino che io ed Emanuele abbiamo costruito poche settimane prima e lì si trovava con i suoi amici casa nostra era sempre aperta lui si trovava lì con gli amici abbiamo un giardino grande entrano dentro nella casetta Emanuele sempre agitato Chris cerca di calmarlo ma Emanuele nota per terra i pesi perché c'era anche una panca con i manubri quelli per allenarsi la panca bassa prende in mano il manubrio da 10 kg e con violenza se lo picchia in faccia una volta due volte tre volte dicendo io non sento più dolore vedi io devo uccidermi Chris lo ferma ovviamente e lì devono decidere da farsi perché è la cosa più logica uno sta male abbiamo l'ospedale a 150 metri pronto soccorso da casa nostra la moglie era lì chiama i genitori invece no capisco anche nella testa di un adolescente qual è la preoccupazione principale quando fai una cazzata è quella di non farti scoprire dai genitori allora cerchi di nascondere e anche qui ragazzi è un errore nella vita chi più chi meno abbiamo tutti commesso degli errori ma quando ti accorgi che un amico o un'amica stanno male per qualsiasi ragione chiama subito un'ambulanza bisogna avere il coraggio di essere donne il coraggio di essere uomini in quel momento è lì che si capisce se sei uomo o se sei uno che scappa ai problemi invece loro io mi immagino anche perché sono immedesimato spesso nella testa di Emanuele quella sera lui non era mai arrivato a casa una volta né ubriaco né fatto era una roba che avremmo scoperto quella sera per deludere i genitori la paura di deludere e quindi cosa decidono? che è meglio fare un giro per il paese dice andiamo a prendere un po' d'aria così ti riprendi riaprono il cancello escono in strada c'è una pioggerellina dopo giorni di temporali quindi avevamo vicino a casa nostra a 200 metri c'è un fiume che tra l'altro un nome singolare fiume chiese visto come Emanuele vede l'acqua si mette a correre Chris capisce che c'è qualcosa che non va lo insegue non riesce a prenderlo Emanuele sale sul muretto guarda Chris per l'ultima volta gli dice io devo andarmene si tuffa vestito e annega nelle acque di quel fiume troveranno il suo corpo dieci ore dopo privo di vita esattamente a luna del pomeriggio della domenica che era l'orario nel quale gli avevo dato appuntamento per parlarci per ascoltarlo ma adesso non poteva più ascoltarmi quando sono arrivato sopra quel fiume Chris mi ha raccontato tutte queste cose che vi ho detto guardavo l'acqua e sapete qual è stato il mio primo pensiero quello di raggiungere Emanuele e di andarmene vedevo la mia vita andare in mille pezzi come se avessi costruito un mosaico da diecimila pezzi un pezzettino alla volta e adesso tutto andava in frantumi che cosa avevo fatto mi sono sentito il peggior papà del mondo che senso aveva avuto correre far avere mille cose e lì mi chiedevo ma veramente tuo figlio voleva tutte quelle cose che tu gli volevi dare ma veramente i tuoi figli volevano il papà superman perfetto che non sbaglia mai ma sempre lontano e che non ascolta mai ma superman o forse non volevano il papà vero che dimostrasse che anche lui ha delle fragilità delle paure ma non avevo paura un papà più umano invece di farlo sentire frustrato per ogni errore ecco avevo sbagliato tutto ma qualcosa mi ha trattenuto sopra quel fiume sicuramente ricordo di Emanuele di tutti gli anni passati assieme dell'energia che mi aveva dato il suo modo di vedere la vita straordinario i suoi sogni spezzati da una serata sbagliata mi ricordo qualche tempo prima mi avrà detto papà tu hai un miliardo di anni voi dite babbo babbo tu hai un miliardo di anni insomma sono vecchio ma non così tanto no mi dice se ci pensi tutti noi abbiamo un miliardo di anni perché non siamo altro che l'evoluzione di quella cellula primordiale pensate ai primi aminoacidi poi sono stati gli organismi monocellulari quella vita che si è generata sulla terra un miliardo di anni fa si è trasformata si è evoluta e la stessa cellula vitale è arrivata fino a noi ma abbiamo un miliardo di anni non ci abbiamo mai pensato e a volte ci chiediamo perché siamo qui e a volte non siamo contenti della nostra vita quando abbiamo avuto la fortuna di mettere gli occhi su questo mondo meraviglioso un miliardo di anni e lì sopra quel fiume mi viene in mente un episodio pensate anche oggi l'anno 2016 Emanuele se n'è andato dieci anni prima, 2003 accade un episodio Emanuele aveva sei anni lui era nato il 25 gennaio 1997 aveva sei anni nel 2003 e era venuto da me piangendo perché uno dei pesciolini dello stagno che abbiamo in giardino stava morendo era un'estate calda il pesciolino boccheggiava mezzo morto allora mi venne un'idea si Ema secondo me l'unico modo per salvare questo pesciolino è liberarlo nel fiume perché l'acqua fresca del fiume secondo me è migliore di quella dello stagno che è troppo calda magari se la fa dopo lunga discussione l'ho convinto abbiamo preso un sacchettino l'acqua al pesciolino e l'abbiamo portato al fiume tipo ambulanza per salvarlo Emanuele arriva vicino all'acqua lancia dentro il pesciolino nell'acqua il papà delle mille soluzioni geniale, creativo solo che mi ero dimenticato delle anatre è partita un'anatre dall'altra parte del fiume e si è mangiato il pesciolino il pesciolino davanti agli occhi di Emanuele il quale piangeva disperato diceva le parolacce all'anatre diceva bastarda ormai era andata e poi mi sgridava perché io ridevo come un matto su un episodio del genere e non mi rendevo conto di quante volte avevo sorriso forse delle lacrime dei miei bambini quante volte noi genitori diciamo ma cosa piangi a fare per una stupidaggine del genere ecco io credo che quando c'è una lacrima non è mai una stupidaggine perché noi adulti se torniamo indietro nel nostro passato a ricordare quando eravamo bambini io credo che ci ricorderemo poche risate che abbiamo fatto ma molte lacrime perché siamo diventati grandi e ogni lacrima va rispettata e Emanuele quel giorno imparava qualcosa dalla vita cosa che imparava da un pesciolino imparava che la vita non è fatta solo di cose belle di divertimento, di gioia la vita è fatta anche di difficoltà di dolore di morte di errori e prima lo capiamo ragazzi prima cominciamo a trovare il senso vero del nostro cammino qui su questa terra e allora io quella notte perché la cosa incredibile è che quel pesciolino l'avevamo lanciato nello stesso punto dove Emanuele si sarebbe buttato dieci anni dopo nello stesso identico punto questa cosa mi ha fatto riflettere forse quel fiume ha qualcosa da dirmi forse c'è una risposta forse sono tornato a casa per cercare di capire se la vita poteva avere ancora un senso per me e dopo due giorni è caduto un inverosimile è arrivata la risposta ho sognato che mi tuffavo nel fiume e salvavo Emanuele tra l'altro l'ho visto giù nudo rannicchiato in fondo al fiume l'ho preso e l'ho tirato fuori e a quel punto mi sono svegliato e sapete cosa mi è successo ho visto questa scena ho visto la scena di Babbo Giampietro che parlava nelle scuole che parlava negli oratori, nei teatri e ho capito una cosa avrei potuto trovare un senso non solo alla mia vita ma anche a dare un senso alla morte di Emanuele solo se avessi combattuto per provare a salvare un altro giovane un altro Emanuele e allora scrissi una lunga lettera non so se avete letto un pezzo l'avete letta nel libro lasciami volare la lettera che ho dedicato a Emanuele dove gli ho promesso che avrei creato un'associazione per aiutare i giovani per aiutare Emanuele Pisciolino Rosso e da allora sono andato su giù per l'Italia sono andato da Merano a Canicati mi sono andato davvero a Canicati due volte non una e sai quanti incontri ci sono arrivati faccio faticare a dirlo 2076 che poi quando lo pronuncio dico solo un folle può fare questo folle d'amore per i giovani folle d'amore per la vita per una nuova speranza grazie grazie