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The speaker shares their experiences during World War II, including being taken to a concentration camp and living in degrading conditions. They discuss the liberation by Soviet soldiers and their subsequent return to Italy. They talk about their involvement in politics, particularly with the Communist Party, and the division between different political groups. They mention their interest in reading and learning about different ideologies. They also talk about their role in organizing and connecting with people in their community, and the support provided by the party. Overall, the speaker reflects on their journey and the impact of their political involvement. storie di leganesi e la vita del cortile dal 1940 al 1970 Mi hanno portato a Konigsberg, nella Prussia orientale, e lì ci ha messo in campo di concentramento. Il nostro compito era quello di uscire quando c'erano i bombardamenti e di portar via le macerie. Tornevamo alla sera e dormivamo per terra sulla paglia. Da mangiare, al mattino, non ci davano niente. A mezzogiorno un po' di fieno nell'acqua. Alla sera un cucchiaino di burro e di marmellata con un pezzo di pane. Io dovevo ringraziare lo soldato tedesco, un anti-italiano, che ogni mattina, quando mi accompagnava, portava un pezzo di pane e mi diceva, guarda là, c'è il pane, ma non dire niente a nessuno perché se lo sanno l'SS fanno fuori anche me. Era una vita degradante. Non pensavo più a niente. Tutto il mio problema era di trovare qualcosa da mangiare. La fame è una di quelle degradazioni che fanno fare gli atti più inconsulti. E allora era venuto il cieco Borsani che veniva a fare propaganda per la Repubblica di Sarò e chi aderiva lo mettevano dall'altra parte del reticolato e noi non mangiavamo niente e di là pasta asciutta. E' tutto il ben di Dio. E in tanti l'ha fatto per risolvere il problema di venire in Italia. La stragrande maggioranza però non l'ha accettato. C'è di buono che quelli che sono venuti in Italia con la San Marco e poi sono scappati coi partigiani e la San Marco si è sciolta. E' venuto anche Mussolini a parlare nei campi di concentramento e anche lui faceva un sacco di promesse. Però la maggioranza non ha aderito. E lì sono rimasto fino a quando sono arrivati i sovietici. Si sentivano le cannonate lontane e c'era qualche prigioniero russo che mi diceva la grande avanzata dell'esercito rosso. Allora cominciavo a interessarmi. Da dove vengono? Come? E dopo 20 giorni nel febbraio del 1945 sono arrivati i soldati russi e ci hanno liberati. E avevano da mangiare. Ma non ci davano niente perché ci spiegavano che il nostro intestino era così sottile che se mangiavamo morivamo. E qualcuno effettivamente è morto. Poi ci facevano lavorare, però non come i tedeschi e ci davano anche da mangiare. Fino a quanto? Fino a quando nell'agosto del 1945 mi hanno rimpatriato. Nei campi di prigionieri, quelli che hanno fatto una vita orrenda erano i popoli slavi, sovietici, perché i lavori più duri li davano loro. Infatti sono morti in infinità. In Italia ero un po' sbandato perché il lavoro non si trovava. E poi, vogliono sapere, dove sono stati da 1943 al 1945? Sapevo dei testimoni perché c'era gente che era stata in Germania a fare soldato e chi a fare prigioniero. Poi sono venuto a Limiano. Allora tutti quelli che arrivavano nella Germania facevano delle feste grandissime. Alla festa della presa della Bastiglia mi hanno raccontato che c'erano migliaia e migliaia di persone, balli e commissi. C'era lo sfogo della libertà ritrovata e la fine della guerra. Ed era festa continuamente. Ho trovato l'Egisto, il Menevo e abbiamo ripreso la vita come prima della guerra. Ci trovavamo alla sera al circo o andavamo in qualche cortile a suonare la chitarra e si cominciava a parlare dei problemi politici. L'Egisto era comunista da tempo. Poi io ho votato per la monarchia e avevo di quelle battaglie con la mia compagnia, quasi di rottura personale. Poi sono andato a lavorare alla Tosi. Fino a 1946 mi sono arranciato con i miei fratelli. Ma non mi andava di far pagare le multe alla povera gente che andava magari a comprare un chilo di carne fuori dal paese. Allora ho fatto domanda alla Tosi e mi hanno assunto. Ero lì alla Mesa a dargli ai buoni e così è cominciata la vita politica. E c'era un atteggiamento settario. I comunisti non parlavano a quei democristiani e c'erano poi dei mangiapreti, mangiostie dei democristiani che non parlavano a quei comunisti. Non c'era dialogo. Però mi appassionava. Ho cominciato a leggere il Cesare di un sovietico che mi faceva riflettere perché era diverso da come me l'avevano detto a scuola. Si diceva che Catalina aveva fatto bene a ribellarsi perché portava a un'abitatura e Cesare era diventato grande invadendo i popoli portando schiavi. E poi ho letto Edward Fast, Jack London, Cronin. Mentre prima della guerra leggevo solo Buffalo Bill. Però nel 1948 ho votato ancora Democrazia Cristiana. È dura buttare via tutta l'accumulazione che uno ha fatto. Alla scuola di partito c'erano intellettuali, ingegneri e c'erano abbraccianti che appena si parlava di problemi sociali capivano subito mentre gli intellettuali hanno fatto più fatica a capire lo sfruttamento, il codice e la società. Se si parlava con un intellettuale di sfruttamento è difficile che capisca perché deve fare tutto un ragionamento. Ma se si parla con un abbracciante che lavorava di una sora al di lì lui si lo capisce subito cosa vuol dire. Però è differente perché avendo una certa cultura si può confrontare con le cose nuove ma chi non ha cultura assorbe tutto accriticamente. Alla dosi ho cominciato a interessarmi. Ho cominciato a partecipare agli incontri sindacali. Mi davo da fare come delegato di reparto. Nel 1950 mi sono iscritto al PCI, Partito Comunista Italiano. È stato un lungo travaglio dopo anni e anni di critica e di letture. Andavo a vedere se gli operai erano come diceva mio padre ai Lombardi quando veniva a fare commissi nel 1948 in piazza mercato piena di gente che la dosi ti pagava per andare a sentirlo. Era chiamato il microfono di Dio e faceva presa perché aveva certi ragionamenti a terra, semplici, verso la povera gente. Anche Dio è dato in una mangiatoria e alla gente faceva impressione perché anche il cristianesimo era un fatto rivoluzionario ed è un fatto positivo. Tra i romani non era combattuto come la religione ma perché portava delle idee nuove contro lo schiavismo e certi comandamenti per la società di allora che non andavano bene. Ho letto Fabiola e i romani durante le orgie dicevano ma cosa vogliono questi cristiani? Perché portarci via la proprietà privata? Non bisognava condannare i fatti positivi che ha avuto cristianesimo alla sua nascita e li si può avere anche adesso. L'assenza del Vangelo, e quando parlo con i democristiani glielo dico, è la liberazione della gente umile. Come dice anche il capitale del Marx. Allora mi sono iscritto e ho cominciato a fare subito un'attività. Io, Olmeroni, ero addetto all'organizzazione qui a Legnano. Per questo dovevamo andare nei cortili e ci avevano assegnato specialmente i posti dove c'era una grande forza di partito. Vedi, Ponzella, Massafame, San Bernardino, le case minime. E allora andavamo per le iscrizioni e per le reunioni che si impegnavano più che altro sul teseramento, sulle feste d'unità e sui vari problemi. Non si parlava di grandi cose, però c'era un grande contatto. Quando si arrivava, eravamo visti come dei capi, capo, popolo. Bastava dire che andavamo quella sera in una certa casa e trovavamo 30 o 40 persone. Facevo la mia introduzione parlando dei problemi organizzativi o del problema della luce, perché allora lì non avevano la luce. E poi uscivano i loro problemi, anche quelli familiari. Ero visto anche come quello che potevo parlare col figlio se aveva preso una brutta compagnia per dirgli delle parole per metterlo in carreggiata. Oppure mi parlavano della bambina malata e mi chiedevano se non c'era qualche compagno dottore che ci poteva aiutare. Era visto il partito anche come un organo assistenziale. Era visto non come una funzione politica di grande respiro, però mi piaceva. Io venivo via contento. Ero come un fratello. Mi portavano anche in salame e stavo lì fino alle 2 o alle 3 di notte. E poi quel povero diavolo magari doveva alzarsi alle 5 per andare in campagna, ma lì stava volentieri. Mi portavano a vedere la stalla, la mucca, la casa. Non avevano vergogna a parlare dei problemi, anche di malessere, finanziari. Poi facevano di quelle feste a San Bernardino la ponzella che duravano una settimana. Noi portavamo il vino e si parlava e si scherzava. Sottotitoli e revisione a cura di QTSS