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The speaker discusses the social and cultural life in Iran from 1940 to 1970. They talk about the close-knit community in their neighborhood and the activities they used to do together, such as going to the local bar or holding meetings. They also mention the impact of television and the decline of social interactions. The speaker reminisces about the strong sense of solidarity and support among neighbors and how it has faded over time. They reflect on the changes in their community, including the demolition of houses and the loss of dialect and cultural traditions. They also mention the role of the Communist Party in organizing events and providing support to the community. The speaker expresses nostalgia for the past and a sense of disconnection from their current living situation. Storie degli iranesi e la vita del cortile dal 1940 al 1970. Questo è andato avanti fino a 1960-1961, poi il Marchese Cornaggia ha venduto le sue case e ognuno ha cercato di mettersi a posto la sua casa, di fare il bagno e c'era là alla cascina di San Bernardino un bar, ma modesto, ma era sempre pieno di gente. E a volte facevamo là le riunioni e io andavo lì a trovare i compagni che giocavano a scopa. Da quando hanno venduto le case è arrivata la televisione e il bar ha chiuso, è andato via perché la gente non usciva più. Prima se uno doveva verniciare la casa erano là in 7-8 la domenica mattina la gente del cortile ad aiutare. Se fosse stato proprietario tutti avrebbero detto, ma che sarangi, io faccio la mia e lui fa la sua. La compra della casa ha portato a rinchiudersi in se stesso e lo stesso alla poncella. C'era un circolo che era sempre pieno la sera perché l'operario contadino quando finiva il lavoro passava sempre lì. Io andavo giù magari per fare riunioni e appena arrivato ci si trovava assieme, si beveva e poi magari si facevano anche le discussioni politiche. Era un altro sistema di vita, ma poi con la televisione, il circolo è andato a remengo, si è frantumato tutto. Nel cortile del Ciapparelli c'erano 20 o 30 famiglie, contadini, operai perché lavoravano un po' in fabbrica e un po' a terra. Quando il Ciapparelli era a casa sua non aveva minuto di tempo. Lui era il nostro candidato della zona alle elezioni e tutta la gente che gli domandava informazioni. Ma il Comune cosa fa per questo? Cosa dovevo fare noi? Era visto come quello che si interessava per i loro problemi. Quando c'era il grano o altri lavori andavo anch'io a dargli una mano e verso le sei o le otto arrivavano gli dieci o dodici nel cortile e gli davano una mano. Da quando lì dentro hanno venduto le loggi del Ciapparelli non conta più niente. Anche perché tante famiglie sono andate via e nel cortile c'era anche un cieppo familiare. Oppure andavo nelle case minime e gli ponevo dei problemi. Il figlio è disoccupato, l'altro non va bene a scuola. Cosa si può fare? Ed ero visto come un santone. Ed era male perché era un piccolo mito, un capopopolo che adesso non ce ne sono più perché manca la vita di allora. E poi le case minime le hanno buttate giù. Si sono dispersi nella città e se prima eravamo in 40 o 50 iscritti poi ne avevamo solo una ventina. E lì avevamo una compagna, l'Anna Maffioletti, che era chiamata alla bisbetica perché faceva un'attività tremenda. Alla Tosi ho cominciato a fare l'attivista, a fare gli scioperi e mi hanno mandato più di una volta in un'altra casa con la minaccia di licenziamento. E molti hanno smesso di scioperare per questo motivo. E molti compagni erano degli eroi. Facevano una riunione alle 5.30 e poi un'altra alle 9. Non stavano mai con la moglie. E allora c'era da aver paura a discutere in pubblico. Anche a fare liste. C'era da tribulare all'interno della Tosi, nella fiamma. Eravamo noi e i socialisti, ma prima delle elezioni eravamo solo noi perché i socialisti si sono ritirati tutti. Avevano paura. Alle case minime abitava gente che non poteva pagare l'affitto oppure gente sfrattata. Andavo nel 1952-1953 con il Meroni e altri compagni e quando facevamo le riunioni partecipavano tutti. Discutevamo dei loro problemi e di altre cose. Oggi quelle cose si sono disperse e quei contatti umani si sono persi. Dopo che il Pensotti, allargandosi, ha distrutto le case minime e poi così è andato disperso anche il dialetto. Solo la compagnia del Musazzi continua a tramandare la cultura dialettale e continua ad avere successo perché c'è una parte ricondita di noi che continua a essere legata a quella cultura. Nelle cascine come Mazzafame, San Bernardino, La Poncella c'era una forte vita associativa e il partito comunista aveva molti aderenti. La Poncella era una frazione di 400-500 abitanti e avevamo 35-40 iscritti. A San Bernardino facevamo la festa dell'unità che era una forma di vita associativa. Avevamo gente per tutta la settimana ma poi anche a Poncella c'era stata una forte immigrazione dall'estero e si è creata una frattura tra i vecchi abitanti e i nuovi rivenuti. Nel 1959 sono stati costruiti i primi agglomerati. Prima il circuito della Poncella era sempre più vigente e aveva una sua funzione culturale. Facevano anche una battaglia contro l'alcolismo, controllando quello che bevevano. Al tempo del fascismo i circoli non facevano alcuna attività culturale ma erano visti come una degradazione dell'operario che dopo 8, 9, 10, 11 ore di lavoro andava al circolo, beveva il suo litro di vino e andava a casa ubriaco. Al circolo Aldo 7 non si discuteva mai di niente. C'era molta solidarietà che nasceva nei cortili e nei circoli. Anche durante gli scioperi dell'Agosti e del dei Angeli Frua giravo i cortili per raccogliere dei soldi, trovavo una solidarietà e ci aiutavano molto. Forse perché era investito direttamente a un loro congiunto, probabilmente per la solidarietà naturale degli operai che non veniva mai a meno. Così era nei cortili. E lo stesso era per le feste religiose. Alle case minime facevano la festa dell'Unità e la festa della Madonna. C'era solidarietà politica e anche la Chiesa aveva un'altra presa in queste feste di cortile, di borgo. La chiamavano la festa della Madonna, ma praticamente era la festa del quartiere o del cortile. Alla festa della Poncella la chiamavano la festa della Madonna, ma ci venivano tutti e si sentivano più bestemmie alla festa della Madonna che a quella dell'Unità. Nel mio cortile, a Sant'Ambrogio, si faceva la festa da Sant'Ambrogio. A Legnonello si faceva la festa del Carumi-Caruti. Era una festa religiosa e c'era molta gente per tutte le strade. Quando avevo quattordici anni andavo nel cortile di mio nonno in via Bramante. Alla sera mangiavano tutti seduti fuori con la scodella e trenta o quaranta persone finite di mangiare discutevano di tutto. Oggi abito in un condominio con venticinque famiglie e non ho contatto con nessuno, tranne quando si fa la riunione condominiale. Quando facevamo le riunioni ai cortili non c'era neanche il bisogno di una preparazione. Avvisavo un paio di compagni che abitavano a San Bernardino, a Massafame, o in altri cortili e dicevo, guarda che domani sera vengo a fare la riunione. E mi trovavo trenta o quaranta persone, magari su cinquanta o sessanta abitanti. Poi, finita la riunione, ciao, vieni a casa mia. E mi davano del salame con un bicchiere di bruschetto e si andava avanti a parlare fino alle due o tre di notte. E andavamo una volta ogni quindici giorni. Una sera c'era nebbia e io e Neroni abbiamo preso la strada e ci siamo finiti a Villacortese. Costava molti sacrifici. La festa dell'Unità di San Bernardino durava una settimana. Venivano da tutte le cascine e paesine dintorni. Io andavo tutte le sere e giuscotevamo di molti problemi. A volte ponevano anche i problemi familiari, parlavano dei figli. Il partito era visto come una guida morale per risolvere certi problemi presenti nella famiglia. Era un po' come nell'Unione Sovietica, dove discutono nei caseggiati di tutti i problemi. E il nostro lavoro serviva perché Aleniano era una città bianca, però la presidenza della mutua era nostra. Vuol dire che i contadini erano con noi. Quando si facevano le elezioni della mutua votavano per la lista di rinascita, che era la nostra. Perché avevamo dei legami profondi con i contadini. E le zone dove eravamo più forti, dove il partito prendeva il 70-80% dei voti, erano le frazioni di Ponselva, Massafame, San Bernardino. Per il resto molti operai votavano DC, perché erano per lo più di provenienza contadina, formati quindi in un certo modo, e soprattutto nei paesini intorno, come San Giorgio, Filacortese, la DC prendeva anche il 70% dei voti. Allora abbiamo detto, se nella fabbrica il partito lavora bene, l'influenza della fabbrica può trasmettersi nei paesini o nei cortili e quindi può cambiare un po' la mentalità, facendo conoscere la linea il nostro partito. Perché la fabbrica è il centro di tutto. Da quando sono andato in pensione, mi rendo conto che certi problemi non li capisco più, perché non sono più a contatto con gli operai.