Details
Nothing to say, yet
Big christmas sale
Premium Access 35% OFF
Nothing to say, yet
In ancient times, agricultural practices involved the distribution of land and the use of specific tools. The distribution of land was done using a method called "limitatio", which not only determined property boundaries but also made the land cultivable by clearing forests and leveling the surface. The groma, a tool used by Roman surveyors, was used to measure and mark the land. The land was divided into square areas called centuriae, which were further divided into smaller plots. Farmers were typically allocated a small portion of land to cultivate, while generals and deserving citizens received larger plots. Good agricultural practices, such as deep plowing, fertilization, and crop rotation, were emphasized to maximize productivity. The more attention and care given to the land, the greater the rewards. Tracce di un lontano passato. La distribuzione dei terreni e le pratiche agricole. Nel primo e medio periodo imperiale, sulle nostre terre, che hanno visto la superficie coltivata estendersi a scapcio di boschi, scani e paludi, si conducevano in attività agropastorale. Infatti a colonie e veterani, come compenso del servizio militare prestato per diversi anni allo Stato, veniva assegnato in proprietà del terreno tra quello che era considerato ager publicus, cioè acquisito dallo Stato, o per conquista militare, o per es proprio confisca o per acquisto. La distribuzione dei terreni avveniva seguendo un criterio della limitatio o centuriazione. Tale operazione non aveva solo lo scopo di determinare i confini tra proprietà, ma anche di rendere un'area coltivabile mediante disboscamento e sistemazione della superficie. Svolgeva pertanto la funzione di piano regolatore, di bonifica, di pianificazione territoriale. Con speciali strumenti, la groma, il festante, livella d'acqua, si misuravano i terreni e si determinava il tracciato delle strade. In particolare con la groma, strumento usato dai geometri romani, detti pertanto gromatici, guardavano tra le opposte coppie di filo a piombo, appese alle estremità dei due bracci incrociandosi ad angolo retto. Era possibile tracciare sul terreno allineamenti perfettamente ortogonali tra loro. Si delimitavano così i terreni in vigne verticali e orizzontali, formando il retticolato, il cui asse nord-sud costituiva il cardine massimo e quello est-ovest il decumano massimo, come era avvenuto prima per l'accampamento e come avverrà in seguito per le città e la fondazione di colonie. Ancora oggi rimangono delle tracce della nostra zona, linee ortogonali con andamento nord-sud naturate e scendono verso Saronno e fino a Caronno, e linee nord-est-sud-ovest tra Uvoldo, Nersacerro e Regnano. Con la divisione si ottenevano così centurie, aree di 200 iugeri, 50 etteri, di forma quadrata e a loro volta suddivise in sottomultipli. Al contadino veniva generalmente assegnata la centesima parte di terreno pare a due iugeri. Iugero, da iugum, uguale giogo, indica la quantità di terreno che poteva essere lavorato in una giornata da una coppia di buoi aggiogati all'aratro e corrispondeva circa mezzo ettero. La più ricca ricompensa, invece, per i generali e i cittadini meritevoli, erano le estensioni di terra più ampia, di cui si potesse descrivere il perimetro con l'aratro in un sol giorno. Era il colonus, dunque, con l'aiuto di familiari e magari di qualche schiavo, a differenza dell'età immediatamente precedente, con la Carta Repubblicana, in cui intesa era la forma di produzione schiavistica, a curare il suo apprezzamento di terreno, oppure il meno fortunato a lavorare come affituario nei latifondi dei ricchi possidenti, spesso assenti, a cui però si doveva versare un cannone in denaro o una parte prestabilita del raccolto, le pratiche agricole. In ogni caso, il contadino, per ottenere il meglio della produzione, doveva seguire alcune particolari pratiche, così asserisce Vergilio, la terra, con chi ne lavora bene, è giustissima. Gli scrittori latimi di agronomia dedicano molto spazio alle norme di lavoro, soprattutto per l'aratura, infatti, in che consiste coltivare bene un campo? Nell'arar bene, e in secondo luogo, nell'arare, e in terzo, nel concimare. Così asserisce Catone, soccegnuto da altri. E si distingueva. Un'aratura profonda per i terreni grassi. Le soglie venivano lasciate esposte ai rigori dell'inverno e alla calura dell'estate per mondarle da insetti danosi e dalle erbe infestanti. Esisteva anche un'aratura leggera per i terreni magri, da praticarsi agli inizi di settembre per non impoverirli ulteriormente. L'aratura veniva anche eseguita in direzione longitudinale trasversale per spezzare meglio le zolle, di cui quelle compatte erano anche frantumate con il rastrello o lo zappetto e ripulite con l'ertice formato da gratticci di lividi. Erano anche conosciute le pratiche per non stancare la terra. Rotazione con riposo annuale del campo. Sovescio con alternanza di contura durante l'anno o nello stesso tempo di legumi seguiti da frumento. Bruciatura delle stoppie per concimare con la cedere. Concimazione con le tame e cedere. Varrone insiste sulla concimazione. Bisogna fare attenzione a quali parti del terreno si debbano concimare e in che modo, soprattutto, lo si faccia. Infatti, ci sono alcuni criteri. Ritengo che il miglior concime di origine avicola sia quello dei tordi e dei merli, perché non è utile solo al terreno, ma anche come cibo ai buoi e ai maiali, perché si ingrassino. Cassio non ritiene affatto buono quello di cavallo, ma solo per le messi. Sui prati, infatti, è il migliore, come quello delle altre bestie da Soma, che si nutrono di orzo perché fa molta erba. Insomma, più cure si dedicano alla terra, più questa ricompensava. Sottotitoli e revisione a cura di QTSS