Details
Nothing to say, yet
Big christmas sale
Premium Access 35% OFF
Nothing to say, yet
In this transcription, it is mentioned that traces of an ancient past, specifically a grain machine, have been found in the fields of Geranzano. These machines were likely used by women to crush grains and obtain flour. The machines consisted of stone cylinders that were rotated by hand to grind the grain. Different types of machines have been documented throughout history, including rudimentary stone tools used in the Neolithic period and more advanced machines used during the Roman era. These machines were often operated by animals or slaves. Similar machines were also used to crush olives. Tracce di un lontano passato, la macchina ovvero grano al murino. La prevalente attività agricola dell'insediamento in questa nostra zona è ancora una volta testimoniata dai reperti di macchine non integre rinvenute nei campi di Geranzano posti dietro il soccorso. Testimoniano anche un lavoro cui forse dedicavano a maggior tempo le donne, intente alle macchine per la triturazione dei cereali o per ottenere farina. I nostri antichi, nelle loro semplici case, dovevano avere, oltre al forno, anche un proprio mulino adatto a macinare però soltanto una modesta quantità di farina per uso domestico. Ricostruendo le varie parti delle macchine rinvenute, si può definirle del tipo domestico e quelle azionate a mano, costituita da una solida base di pietra cilindrica a sviluppo orizzontale recante nella parte superiore un canaletto di raccolta, terminavano con la sovrapposizione di un altro cilindro lapideo combattente col sottostante. Imprimendo a mano la rotazione, il grano, inserito nella parte mediana delle due mole, veniva triturato e nell'angosto spazio del canaletto veniva raccolta la farina. La storia però documenta diversi tipi di macchine nel tempo. Nel Neolitico due rudimentali pietre, una robusta con incavo mediano in cui venivano posti i chicchi e una di dimensioni minori, azionata a mano, passando sull'inferiore in modo da schiacciare e triturare, con ripetuta azione, i semi e costituivano quelle che potevano definirsi macchine. Nel periodo romano, oltre a diversi rudimentali macchine, composte per lo più da due pietre a tronco di cono, inseribili uno nell'altra e fatte girare in modo qualsiale, se ne affiancavano altre più tecniche e funzionali, come le pompeiane, così chiamate perché rinvenute per la misurpata Pompei, erano costituite da una solida base cilindrica di pietra infissa nel terreno, sormontata da un blocco di pietra conico rovesciato superiormente, in cui era inserito un perno. A questo solido blocco di pietra ne era sovrapposto un altro, mobile, a forma di rocchetto nella sua parte esterna e di imbuto nella parte interna per contenere il cereale che doveva essere macinato. Questa parte mobile veniva messa in moto da una stanga di legno che girava sul solido perno centrale, inserito nella parte terminale del cono fisso della base. Nel canaletto di raccolta andava a confruire la farina, ottenuta dal movimento rotatorio impresso nella macina, e continuamente azionata da animali, come asini, tanto che alcune macine erano dette asinarie, e cavalli, ma soprattutto da schiavi. Apuleio, scrittore latino del II secolo d.C., testimonia la squalida vita di questi uomini. Non considerati tali dai romani perché schiavi, quindi ritenuti oggetti o cose. Assistendo casualmente al funzionamento di una macina in una villa, l'autore non può che esprimere deplorazione per le loro inumane condizioni. Pelle tutta chiassata e livida, spalle piagate, caviglie strette da anelli e foronte marchiata come le bestie. Con funzioni simili alle macine, anche se per utilizzo più ridotto e limitato di prodotti, come le olive, che dovevano essere ridotti in frantumi o poltiglia con un pestello e usate dai romani per la preparazione di vivante, figurano anche immortali lapidei, marmorei, modellati come recipienti emisferici e con delle prese, da una delle quali, forata, collava e liquido, oppure come lastre leggermente impavate nella faccia rivolta verso l'alto. Potevano pure essere fittili di ceramica comune con il fondo ruvido per l'inclusione di materiale grossolano, o pietruzze o terminanti con un beccuccio. Sottotitoli e revisione a cura di QTSS