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The transcription discusses the history of Legnano, highlighting its strategic importance and its connection to Milan. It mentions the rivalry between Milan and Seprio, as well as the rise of new economies that lead to conflicts in society. The transcription also mentions the presence of the lord of Milan in Legnano and the dramatic events that occurred in the eleventh century. It describes the construction of the Romanesque church of San Salvatore and a fortress in Legnano. The transcription concludes by mentioning the Battle of Legnano in 1176, where Legnano served as a friendly territory for the Milanese fighters. Legnano, dalle origini alla battaglia. Dopo la scomparsa del dominio Longobardo e quindi Caroliglio, il nostro territorio assume una fisionomia precisa. Qui si fronteggiano i due contagi rivali, Milano e il Seprio. Il confine meridionale di quest'ultimo passa a sud di Castama, Bustomarolfo, Paraviago e Cerro, comprendendo Legnano. Una coincidenza importante si ha con un confine linguistico che deve essersi formato in questo periodo. Da Cerro a Castano corre appunto l'iso grossa della cagiutta della vocale atonea finale, di cui abbiamo detto in principio. Il flusso ligue, opposto al celtico, è contenuto dunque in una linea che con Legnano e Busto comprende i paesi della Valmorea fino a Fagnano, ed è il segno di una continuità non solo linguistica ma anche politico-amministrativa. Ma se il feudalesimo è fondato sulla proprietà carriera e l'economia agricola dopo il Mille, si profila il sorgere di nuove economie generatrici dei gravi conflitti, che agitano la società ed accompagnano l'impetuoso risveglio economico, artistico e culturale. Un risveglio che ha il suo centro appunto nella società cittadina, artistico e culturale. Un risveglio che ha i suoi imprenditori, banchieri, per limitarsi alle categorie economiche. La città tende ad espandersi, a proiettare i suoi interessi oltre le mura, oltre le terre del suo stesso contado, per aprirsi le vie verso rapporti sempre più vasti con paesi anche lontani, suscitando naturalmente resistenze e contrasti violenti. Nel quadro di questi conflitti l'Eniado acquista una nuova importanza. Nella grande rete delle strade romane essa non ha avuto una posizione privilegiata. L'isolamento geografico di cui parliamo a proposito delle sue peculiarità linguistiche era solo diminuito ma non annullato in età romana, quando le grandi vie di comunicazione univano Milano con Novara, Novara con Castelseprio attraverso Olegio e Galarate, Milano con Castelseprio attraverso Saronno, un triangolo che aveva all'interno la nostra zona. Ora invece la rivalità tra Milano e Seprio conferisce all'Eniado un'importanza strategica nuova. Posta allo sbocco della Val Morea, verso la pianura milanese, è stradista, seguendo un fiume, poco più di dieci chilometri dalla posizione fortificata di Castelseprio. È dunque un'incombente minaccia per Milano, d'altra parte i signori milanesi già da tempo hanno proprietà terriere a Eniado. Il documento più antico di cui appare il nome di Eniano è più precisamente di Legnarello, il suo borgo, posto al di là dell'Orona, è diviso dal borgo vero e proprio da un tanto inabitabile perché è troppo esposto alle piedi del fiume, e il documento è del 23 ottobre del 789. Con esso l'arcibescovo di Milano cede al diacono forte le terre che gli aveva ereditato dei suoi genitori, in quel di Legnarello e in Alis Locis, che crediamo attorno a Legnarello. La presenza del signore milanese a Eniano dovette aumentare nei secoli successivi, involvendo il borgo nelle vicende storiche della stessa città. Tali vicende diventano drammatiche nel secolo undicesimo, quando il malcontento contro il clero, concubinario e simoniaco, diviene il forte movimento popolare della patria. Alla cui testa si trova il canonico Arialdo. Detto molti milanesi, questo è costretto a fuggire dalla città, e a detta di qualche storico, tradito e consegnato ai suoi nemici fu da questi ucciso in una solitaria isoletta del Lago Maggiore, tra Angera e Arona. Prima di essere tradito e consegnato ai nemici, Arialdo, come dice il suo biografo, si era rifusato ad «quodam castrum fidelis er lembardi», cioè «er lembardo cotta», che si trovava a Legnano. A Legnano la popolazione viveva ancora in abitazioni linee, data anche l'abbondanza del legno e la scarsità di roccia date la costruzione delle case. Il terreno alluvionale offriva una certa quantità di ghiaia e di grossi ciotoli. Con queste grosse pietre tondeggianti fu costruita la chiesa romanica di San Salvatore e, ad eccente ad essa, un vero e proprio fortinizio, con robusti muraglioni, di cui si scopersero le ampie affondazioni alcune di ceglio sono, e che più tardi fu difeso anche da un fossato, che traeva a monte l'acqua dell'Olona e ve la riconduceva poco oltre a valle. Questo doveva essere il castello dei Cotta. È chiaro a questo punto che il territorio legnanese era stato sottratto al dominio del Sepiro e interamente legato alle sorti di Milano. L'importante famiglia milanesi era la proprietà delle terre, di una famiglia milanese la fortezza. Legnano era divenuta la porta d'ingresso del contadio milanese e di lì i milanesi sorvegliavano le mosse del nemico sepriese, lì difendevano la sicurezza della loro città. Per questo nel 1160 Barbarossa, nell'intento di affamare Milano, devastò le campagne a nord di Milano, dalla parte dell'Ambro e quindi, fatto un certo giro, Legnano, Nerviano, Pogliano giunse fino a Vanzago e Rò e dove andava a colpire o mozzava tutti gli alberi da frutto, devastando i raccolti di cereali, legumi e vino. Dopo la distruzione di Milano nel 1162, il contadio milanese fu amministrato dal vicario del Vescovo di Liegi, quale responsabile di tale territorio. Il suo vicario Pietro d'Acunino impose a tutti gli abitanti da Legnano a Busso Garolfo in giù di versare all'imperatore una buona parte dei loro raccolti. Tutte queste angherie, la carestia e la fame provocate dalle devastazioni e dalle confische non potevano non suscitare, anche nella popolazione rurale del contadio, un sentimento di insofferenza, un desiderio di ribellione che ancora più stringeva i legami di questi bordi e villaggi con la loro capitale. Non sappiamo se e in che misura i contadini legnanesi parteciparono alla battaglia. Certamente essi furono, forse con le armi, senza dubbio con il cuore, uniti ai combattimenti della Lega, offrendo loro ogni possibile appoggio. Con tali premesse risultano evidenti le ragioni per le quali, la mattina del 29 maggio 1176, il carroccio con tutti i combattenti milanesi e parte degli alleati si era fermato a Legnano, terra amica in attesa del nemico.