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www.redigio.it e la storia continua Le opere di Aldo Carpi legate alle vicende storiche e artistiche legnanesi, i mosaici di Regnanello, le vetrate di San Sempliciano e nelle mostre legnanesi. Aldo Carpi è senza dubbio una delle figure più note della pittura italiana del Novecento, ma di questa rappresenta un caso particolare. La sua opera, infatti, è difficilmente ascrivibile a una o più correnti artistiche, diversamente da quanto accade nella maggior parte dei protagonisti dell'universo creativo. Una originalità che non gli impedisce tuttavia di essere presente in situazioni moderne, fino a guadagnarsi, appunto, l'etichetta più ampia di simbolista moderno. Nato nel 1886 a Milano, dove è attivo fino alla sua scomparsa nel 1973, fatti salvi periodi drammatici delle due guerre, ha significativi rapporti artistici con la città di Regnano e con l'evento storico della battaglia. A partire dal 1906 frequenta l'Accademia di Brera, avendo per maestro tra gli altri Cesare Tallone e per compagni altri pittori quali Funi, Gorla e Carrà. Esordisce nelle mostre ebrai-densi, dove è premiato per il quadro Il Battesimo, del 1912. Nella stessa data, ma non di minore forza espressiva, è l'Oglio su tela, Alberto D'Aggiusano, di oltre due metri d'altezza, collocabile nell'alveo dei temi storici celebrativi di la XVIII Centesca, ma pienamente aggiornato nel sintetico linguaggio pittorico, preludio a dipinti successivi. Nel 1912 è un anno decisamente importante per Carpi. Partecipa anche alla Biennale di Venezia, manifestazione alla quale sarà presente quasi ininterrottamente nelle edizioni successive. Del periodo sono nodali l'incontro con Don Brinzio Caciola e l'esperienza in una colonia agricola vicino Erba, in cui i sentieri della carità si intrecciano con quelli dell'arte, come scrive Cecilia De Carpi, presentandolo nel 1990 la mostra Lo spirituale nell'opera di Aldo Carpi, editata dall'Associazione Arte e Spiritualità di Brescia, da cui abbiamo tratto diversi spunti e immagini. Nel dicembre del 1915, e nei mesi successivi, come arruolato volontario nell'esercito italiano, gli viene dato l'incarico di realizzare la nota serie di disegni sulla ritirata dei serbi in Albania, con esiti di forte sintesi espressionista. Verso la fine del conflitto, sposa Maria Arpesani, la cui famiglia milanese, cantando un passato di gloriose gesta patriottiche, si innesta nel cammino dell'artista come apporto di libertà e di cultura. I MOSAICI DI VIGNONELLO Gli anni venti lo vedono aderire alle idee che postulano un ritorno della pittura ai valori della plasticità classica, propria del gruppo Novecento, alle cui mostre tuttavia non partecipa, evitando in tal modo qualsiasi inquadramento. L'artista affronta, oltre a marine, scene familiari, avrà sei figli, e altri soggetti, una serie di temi religiosi, tra i quali vanno annoverati disegni per i mosaici della chiesa del Santo Redentore di Vignonello. Si tratta delle quattro opere musive, nelle lunette, sui portali della facciata e del battistero. Ultimi lavori di abbellimento artistico del complesso sacro, realizzati nel 1923 in occasione del venticinquesimo anniversario di fondazione della parrocchia. La parrocchia era stata inaugurata nel 1902. I soggetti delle tre lunette, delle quali la casa parrocchiale conserva dei piccoli disegni colorati di carpi e dedicati a Don Luigi Contardi, sono, da sinistra, il sacro libro aperto con la scritta «Ecce Agnus Dei Quitolit Peccata Mundi», centralmente «Iesu Redentori» con la figura di Cristo con le sigle IC e XC, e a destra il pesci anagramma di «Gesù Cristo, figlio di Dio Salvatore». Ma i più importanti incarichi d'arte sacra hanno inizio con gli studi per le vetrate nella Basilica di San Sempliciano a Milano nel 1927. Le vetrate di San Sempliciano. La chiesa di costruzione romanica, in parte stravolta da interventi moderni, ingloba resti della primitiva basilica sorta nel IV secolo a opera del vescovo Ambrogio e terminata dal suo successore Sempliciano, che vi depose i corpi dei martiri Sisinio, Martirio e Alessandro. Da questo sacello, il 29 maggio 1176, il prete Leone, secondo quanto scritto da Calvano Fiamma, che era un fantasioso cronista del XIV secolo, avrebbe visto levarsi in volo le tre colombe che andarono a posarsi sulla antenna del carrozzo, a oltre 25 chilometri, presenti sul campo di battaglia nei dintorni di Regnano. A tale vista, l'imperatore Federico Barbarossa si sarebbe dato la fuga. Quindi, se la vittoria aveva arriso alla Lega e soprattutto ai milanesi, il merito era stato della protezione divina, avendo come intercessori i tre martiri di San Sempliciano. A questo racconto leggendario si rifà Carpi, quando realizza le quattro vetrate collocate nel 1928 nelle due bifore affiancate sulla facciata della basilica, ricostruita dal Maciacchini nel 1870. Nei quattro scomparti delle glorie del carroccio, dei quali non sono stati rinvenuti i cartoni preparatori, si leggono gli episodi salienti del racconto, la partenza dei soldati, avverso da Giussano, che chiama raccolta il popolo, l'arrivo delle colombe sul carroccio e conseguente vittoria. Il popolo in preghiera, che ringrazia per l'intervento divino, grazie all'intercessione dei tre martiri. L'epica rappresentazione prende vita nello sviluppo verticale delle vetrate, che condensa un articolato tessuto di forme colori. La storia del popolo è qui rivissuta e attuazzata dal fatto di avere inserito nella folla, come si usava anche nel passato, una serie di ritratti riconoscibili, il parroco del tempo, Monsignor Adolfo Rivolta, l'architetto Belgioioso, il vetraio Angelo Teva Rotto, la famiglia del pittore. Pochi anni più tardi, sempre per la stessa Basilica, Carpi disegna le vetrate del braccio destro del transetto con le storie di San Benedetto e più avanti ancora sarà impegnato per lungo tempo nelle vetrate del Duomo di Milano. Nel 1930 vince il concorso per la cattedra di pittura dell'Accademia di Brera, ma proprio su delazione di un collega, nel 1944 è arrestato e deportato a Mauthausen e poi a Gusen, una tragica esperienza che coinvolge dolorosamente anche la famiglia. Nel Lager si salva dipingendo soggetti per i suoi aguzzini, ma potrà rappresentare le scene strazianti del campo della morte solo a suo rientro in Italia nel 1945, quando a Brera viene acclamato direttore dell'Accademia. Vivrà ancora per 28 anni, nel corso dei quali avrà di nuovo molto da dire. Per concludere, noi vogliamo soltanto ricordare il suo rapporto con i pittori di Legnano, prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale, nelle mostre legnanesi. In due mostre alla celebre Galleria del Milione a Milano, nel 1930-31, è presente il pittore legnanese Ernesto Crespi, che ritorna esporre nel medesimo spazio a fine 1931 con la cosiddetta Scuola di Legnano, Livia ed Ernesto Crespi, Pino Furer, Riccardo Gironi, Maurizio Simonetta. Con tali presenze, i pittori legnanesi ampliano e consolidano le loro conoscenze nella cerchia artistica della metropoli, al punto che nel 1933 organizzano nei Saloni del Dopolavoro del Cotonificio Brattelli dell'Acqua, l'importante mostra di pittura e scultura moderna. A essa prendono parte i maggiori artisti italiani del momento, tra cui Aldo Carpi, presente con gli oli Autoritratto e Riposo Festivo. Sei anni più tardi, una seconda edizione, ancora più rilevante, registra una nuova partecipazione dell'artista milanese con tre opere, Burrasca e Sole, La Violinista e Bimbo che dorme. Nel dopoguerra, gli artisti della città del Carocio, riunitisi nell'Associazione Artistica Legnanese dal 1947, promuovono l'anno seguente una terza mostra, questa volta preceduta da Aldo Carpi, quale direttore di Brera, che, inoltre, espone le opere Bacino di San Marco ai Giardini e Autoritratto. Sarà un giurato di prestigio nell'edizione del 1959 del Premio Carocio, mentre nel 1961 presenta la Mostra Postuma di Pino Rusconi, pittore legnanese per il quale ha parole di apprezzamento.