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Ricchi e poveri integrale

Ricchi e poveri integrale

Marina Collaci

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Italy is often associated with stagnation, but the country has actually remained one of the world's most important advanced economies. However, there have been significant changes in Italian society in recent decades. The composition of income has changed, with a decrease in the share of income from dependent work and an increase in pensions and inheritances. Despite stagnant income, Italians' overall wealth has increased, mainly due to real estate and savings. In terms of inequality, there has been a concentration of wealth among the top 1% of the population, while the poorest have experienced a decrease in wealth. These dynamics have been influenced by factors such as changes in economic paradigms, weakening workers' bargaining power, and reforms in the labor market. To address these issues, proposals have been made to promote the production and use of knowledge as a global public good, assign strategic missions to public companies, democratize decision-making in enterprises, and add Spesso l'Italia viene associata alla parola stagnazione, cioè una vera e propria mancanza di sviluppo e di crescita, nonostante il Paese tra l'altro riesce ancora a rimanere tra le economie avanzate più importanti del mondo. Tuttavia negli ultimi decenni non è tutto rimasto immobile, la società italiana è stata attraversata da importanti trasformazioni che meritano attenzione. Nonostante la stagnazione del reddito complessivo è cambiata radicalmente la sua composizione, ad esempio all'inizio degli anni 90 metà del reddito complessivo delle famiglie era composto da reddito da lavoro dipendente, mentre oggi questa quota scende dal 40%, diminuisce anche la quota del reddito da lavoro autonomo dal 17% al 12%, mentre aumenta la rilevanza, il peso delle pensioni ai trasferimenti governativi e soprattutto anche dell'incidenza dell'eredità capitale e da affitti. Inoltre a differenza del reddito complessivo ciò che invece non è stagnata è la ricchezza complessiva degli italiani, il patrimonio. Ogni italiano ha avuto, ha visto a crescere i propri patrimoni medi di circa 30 mila Euro pro capite dagli anni 90 ai giorni nostri e oggi ogni italiano ha circa 150 mila Euro di patrimonio complessivo, tenendo conto anche dell'ammontare dei debiti complessivi e in confronto alle altre economie avanzate, l'Italia in un certo senso ha uno dei gradi di patrimonializzazione tra i più alti del mondo e un tasso di innebbitamento delle famiglie tra i più bassi del mondo e oggi tutta la ricchezza vale circa 9 mila milardi di Euro, circa 7 volte il reddito nazionale e questo rapporto è aumentato negli ultimi decenni, pensate solo che in confronto gli Stati Uniti hanno un valore di questo rapporto pari a 5, mentre in Germania è pari a poco più di 4. La ricchezza degli italiani è per lo più composta da immobili e case, 50% della ricchezza complessiva e conti risparmio a deposito che valgono oggi circa il 20% dei patrimoni complessivi, la quota di ricchezza invece delle piccole imprese e familiari è scesa da un valore del 15% al 9% dalla metà degli anni 90 a oggi, mentre sale il peso relativo della ricchezza, dei fondi pensioni e assicurazioni anche se rimane a una percentuale relativamente bassa, circa il 7% della ricchezza complessiva delle famiglie. Inoltre mentre il paese stagnava dal punto di vista dei redditi, dal 1995 in poi si è verificata invece una vera e propria inversione delle fortune fra i ricchi del paese e i più poveri del paese, ad esempio è cresciuta la quota di reddito totale nelle mani dell'1% della popolazione più ricca, parliamo di circa mezzo milione di persone con almeno 100 mila Euro di guadagni minimi, che dal 1975 in poi ha visto crescere la quota complessiva dei redditi al 7%, al 10% dei giorni nostri e in un certo senso la concentrazione di reddito appare molto più alta nel centro e nel nord del paese rispetto al sud del paese, infatti proprio nel nord e al centro del paese si concentrano redditi di natura finanziaria molto più alti rispetto al sud del paese. Dal punto di vista del patrimonio invece il patrimonio medio dei 50 mila adulti più ricchi del paese, quindi circa lo 0,1% della popolazione adulta più ricca del nostro paese, valeva circa 7 milioni e mezzo di Euro nella metà degli anni 90 e questo patrimonio medio si è più che raddoppiato fino ai giorni nostri. Nello stesso periodo proprio la parte più povera, meno abbiente, i 25 mila italiani più poveri di patrimonio hanno invece visto la propria ricchezza media ridursi di più di 3 volte, oggi detengono un patrimonio medio di circa 7 mila Euro pro capite. La cosa interessante è che in nessun altro paese avanzato di cui abbiamo contezza, non dati simili e metodologie di stima simili e comparabili, abbiamo osservato, siamo in grado di osservare un calo così vistoso, quindi una tendenza alla concentrazione di patrimoni così vistosa. Tra l'altro la cosa interessante è che questa tendenza neppure è fermata durante la pandemia, anzi sembra essere addirittura ricevuta un impulso di accelerazione, un esempio per il riguardo ci viene dalle stime del numero di miliardari di patrimonio che esistono nel nostro paese, come registrato dal magazine statunitense Forbes che registrava in Italia nel 2020 un numero di miliardari pari a 36, questo numero era 35 nel 2019 ed è poi salito a 51 nel 2021, nel 2023 invece è ancora salito a 65 e la cosa interessante è che si tratta dello stesso paese dove almeno 10 milioni di adulti si stima abbiano risparmi liquidi inferiore ai 2 mila Euro pro capite, quindi non proprio sufficienti a far fronte a uno shock sostanziale di reddito come quello inflitto dalla perdita di lavoro o da una malattia. A partire dalla metà degli anni 90 non è solo aumentata il valore medio del patrimonio, non è cambiata solamente la composizione dei patrimoni e dei redditi, ma è anche aumentata notevolmente il peso della ricchezza che viene e proviene dal passato sotto forma di lasci e di ereditari di donazioni e il flusso complessivo di questi trasferimenti di ricchezza vale ogni anno nel nostro paese poco più di 200 miliardi di Euro e oggi vale circa il 15% del reddito nazionale, questa quota si è raddoppiata dalla metà degli anni 90 ad oggi. Quali sono le cause di queste dinamiche? Ovviamente buona parte dei divari delle posizioni socio economiche tra le persone e i territori sono in un certo senso storicamente anche fisiologiche in ogni società, in ogni contesto, in ogni fase della storia, allo stesso tempo quando i divari diventano molto ampi, questi divari non sono frutto solamente della casualità, della diversità delle preferenze degli individui o delle capacità degli individui, sono anche frutto di processi accumulativi, frutto di processi sistemici e di rapporti dell'andamento, dei rapporti di forza all'interno della società. Il forum di disuguaglianza e diversità su questo ha maturato dei convincimenti abbastanza forti, circa il fatto che sicuramente tra i fattori che hanno contribuito all'acuisce di queste disuguaglianze socio economiche concorrono soprattutto a un cambiamento di paradigma che ha portato ad esempio a preoccuparsi unicamente di crescita economica pensando che la riduzione delle disuguaglianze fosse una conseguenza indiretta di questi processi di crescita, conta anche il fatto che nei ultimi decenni c'è stato un sistematico depotenziamento del potere contrattuale dei lavoratori e della loro capacità di influire anche sulle decisioni strategiche d'impresa dove anche alcune delle decisioni sulla distribuzione delle modulazioni vengono effettuate e chiaramente il depotenziamento del potere contrattuale dei lavoratori è stato influenzato sia da dinamiche internazionali come l'andamento della globalizzazione del commercio internazionale, l'andamento dell'automazione di alcuni processi produttivi, ma anche da dinamiche internazionali quali il depotenziamento, l'indebolimento delle organizzazioni sindacali da un lato e anche una serie di riforme radicali del mercato del lavoro che hanno portato alla precarizzazione delle forme contrattuali del lavoro. Contano anche il depotenziamento e il restringimento in un certo senso degli spazi di intervento pubblico, anche laddove questo intervento poteva in un certo senso tutelare la concorrenza economica, la regolamentazione dei mercati e conta anche la pede di competitività di alcune piccole e medie imprese italiane che tentano in un certo senso ad innovare e quindi ad assorbire le sufficienti manodopera qualificata, specializzata nel nostro paese, contribuendo in un certo senso anche all'acquirsi della crisi generazionale che attraia il nostro paese. Dunque che fare? Il forum di esiguaglianza e diversità ha da tempo avanzato una serie di proposte dettagliate in un rapporto che si concentra soprattutto sull'esiguaglianza di ricchezza privata e comune e quindi mirano in un certo senso a modificare i principali meccanismi che determinano la formazione e la distribuzione della ricchezza, che sono identificato come il cambiamento tecnologico, la relazione tra lavoratori e lavoratrici e chi controlla le imprese e poi il passaggio generazionale della ricchezza stessa. Abbiamo identificato una serie di proposte, 15 per l'esattezza, in un rapporto pubblicato ormai qualche anno fa, alcune di queste proposte tra l'altro mettono anche in campo l'Unione Europea, come per esempio la promozione attraverso l'Unione Europea di una modifica dei due principi dell'accordo TRIPS, che incentivi la produzione e l'utilizzo della conoscenza come bene pubblico globale, tra le altre proposte c'è anche quella di assegnare alle imprese pubbliche italiane missioni strategiche di medio e lungo per orientare le scelte, in particolare quelle tecnologiche, verso obiettivi di competitività, giustizia ambientale e giustizia sociale. Ancora proporre che l'Italia compia un salto nell'affrontare i rischi che derivano dalla concentrazione in poche mani del controllo dei dati personali e anche dalle distorsioni sistematiche che sono insite nell'uso di algoritmi di apprendimento automatico anche per le decisioni pubbliche, al fine di costruire una sovranità collettiva sui dati personali e sui algoritmi. Ancora si propone di realizzare un obiettivo di democratizzazione e di partecipazione strategica dei lavoratori e lavoratrici alle decisioni strategiche delle imprese, attraverso quello che abbiamo chiamato una forma organizzativa del Consiglio del lavoro e di cittadinanza, che possa far siedere all'interno di questi consigli anche rappresentanti di consumatrici, consumatori e persone interessate per l'impatto ambientale delle decisioni dell'impresa, oltre ovviamente ai lavoratori e alle lavoratrici. Infine una proposta più radicale che prenda l'impatto alla crisi internazionale che accadde nel nostro paese, proponendo di intervenire per riequilibrare la ricchezza su cui i ragazzi e le ragazze non sanno contare nel momento del passaggio verso la vita adulta, che esercita una forte influenza sulle loro opzioni e anche sulle loro opportunità della vita, prevedendo da un lato che al compimento dei 18 anni ogni ragazzo e ragazza riceva una dotazione di risorse finanziarie, che abbiamo chiamato un'eredità universale per i 15 mila Euro, che possa essere utilizzata senza condizioni e accompagnata con un tutoraggio delle decisioni e dall'altro una tassazione progressiva sulla somma di tutte le eredità e le donazioni che si ricevono durante il corso della vita al di sopra di una soglia di intenzione pari a 500 mila Euro. E anche più recentemente il forno di esiguanza e diversità ha cobrato un nuovo volume chiamato qua l'Europa per Donzelli, dove invece rimarchiamo con forza anche come l'Europa e l'Unione Europea possono giocare anch'esso un ruolo cruciale per invertire la rotta che alcune di queste tendenze di crescimento delle esiguanze economiche e anche perché una scala europea potrebbe garantire con più forza una promozione di un'unione dei diritti sociali dove l'accesso ai beni pubblici e alle politiche di protezione sociale siano maggiormente garantiti e faciliterebbe anche un processo di transizione ecologica che facciano per primo gli interessi dei più vulnerabili e soprattutto evitando dunque che la transizione ecologica perpetui in un certo senso delle trattorie di sviluppo in cui purtroppo sono incaiate una buona parte delle regioni del sud Europa, Italia in testa. Per contrastare i trend di esiguanza alcune cose che sosteniamo nel libro ad esempio propengono a sostenere da un lato aziende europee che promuovano una gestione delle imprese più democratica dove i lavoratori avranno più voce e dall'altro anche la tutela della concorrenza economica, la riduzione dunque dell'espansione di queste posizioni monopolistiche dominanti nei mercati, soprattutto quelle della conoscenza al fine dunque di stimolare innovazione e promuovere un benessere più economico e sicuramente distribuito tra i cittadini e le cittadine.

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