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The main ideas from this information are: - The study of diseases focuses on groups of individuals and factors that can affect the health of a population. - Factors such as physical and chemical exposure, biological agents, and social and behavioral factors can contribute to the development and progression of diseases. - Understanding the exposure-effect relationship is important in identifying and preventing diseases. - The history and natural course of diseases should be analyzed to determine their origins and susceptibility of individuals. - The study of diseases involves not only clinical aspects but also prevention and understanding the different phases of the disease process. Tratta le malattie, abbiamo detto che si occupa prevalentemente di gruppi di individui del singolo soggetto e di individui tani può avere forze di ammalarsi piuttosto che del soggetto malato. Quindi quello che va a valutare è lo stato di salute di una popolazione, una volta che abbiamo parlato di equilibrio, di continuità, quello che andiamo a fare è ricercare i condimenti determinanti, cioè tutti quei fattori che possono modificare o influenzare lo stato di salute di una popolazione e in particolare possono determinare l'insorgenza ma anche l'evoluzione delle malattie. Quindi è importante ragionare su questo equilibrio, la salute è un equilibrio tra i fattori positivi, i fattori determinanti che condizionano l'incremento dello stato di salute e invece i fattori negativi. E quali sono allora questi fattori negativi? Sono tutti quei fattori di tipo fisico, quindi che cosa? Per esempio la gancetolare, le radiazioni ultraviolette, sappiamo che per la cute un'isposizione solare troppo prolungata e non protetta può condizionare il rischio di sviluppare tumori della pelle. Ma più vicino a noi come operatori sanitari le radiazioni ionizzanti, i raggi X oppure il laser che viene utilizzato anche per diversi tipi di terapie, addirittura con un'attività di chirurgia non cutanea, o ancora le radiofrequenze, tutte le apparecchietture che magari utilizziamo anche in medicina fisica per la reabilitazione. Quindi i fattori fisici, quindi tutto quello che dal punto di vista delle radiazioni può avere un effetto sulle cellule, ovviamente va valutato anche in termini di rischio, non fuori in termini favorevoli come accelerazione della coagulazione rispetto al trattamento di un stato esogistico e così via. Secondo, che cos'altro condiziona l'insorgenza di malattia? Beh, sicuramente i fattori chimici, rispetto ai fattori fisici sicuramente i fattori chimici, quindi classicamente gli inquinanti, assuonono il ruolo prevalente, cioè sono quelli più frequentemente chiamati in causa. E quindi, in genere, per lo stato esogistico della popolazione dobbiamo occuparci. Terzo, chi vuol dire che gli inquinanti, ancora una volta, questo come operatori sanitari, medici, fisioterapisti, infermieri, tecnici di laboratorio, tecnici di radiologia e così via, ne abbiamo a che fare durante la nostra professione, gli agenti biologici, bene, quindi il servizio biologico che caratterizza la nostra attività professionale. E su quelli, no, poi sappiamo, lavoreremo nelle prossime lezioni per le malattie effettive, quindi i mirorganismi patogeni. Però, attenzione, lo accennavamo la volta scorsa ed è, diciamo, importante ricordarlo, come determinanti sia di salute, perché possono essere fattori protettivi, ma molto più spesso come determinanti negativi, come nello schema precedente, ci sono anche, possono essere di altre caratteristiche, che quindi in epidemiologia dobbiamo valutare, che sono appunto fattori sociali, fattori culturali, fattori anche legati all'infermia, per esempio, e fattori comportamentali, soprattutto, quindi gli stili di vita, ma, come ricordano qui, anche comportamenti organizzativi. Allora, la prossima settimana faremo doppia lezione di organizzazione urbane, in modo tale da, in una dietro l'altra, in modo tale da recuperare le orienti di oggi, che abbiamo, appunto, ceduto alla dottoressa Nigro, e quindi, no, potremo entrare un pochino più nello specifico di come si costituisce e come vive un'organizzazione. Diciamo, da operatori sanitari, dobbiamo ragionare sul fatto che anche una tipologia di organizzazione può caratterizzare un rischio, per esempio, potrebbe dare un rischio di incremento di incidenti per gli esperti operatori sanitari, che se l'organizzazione non funziona bene, sicuramente nel nostro lavoro, no, si danno incontro più spesso, quindi con maggior, o con aumentata frequenza, al rischio di incidenti. Oppure, un'organizzazione che non funziona, per esempio, nel reparto di emergenza, potrebbe condizionare, risultativamente, quindi incrementare molto, il rischio di sviluppare infezioni ai nostri pazienti, no, che andiamo ad assistere, e così via. Quindi, diciamo, questi altri fattori, no, un po' meno pratici, fisici, chimici, biologici, sono conosciuti ormai, no, da centinaia di anni. Oggi sappiamo che nel condizionare il rischio di sviluppare la malattia, possiamo avere anche altri tipi di fattori. E quindi, vuol dire che nell'energia, li dobbiamo studiare. Come li chiamiamo questi determinanti? Li chiamiamo fattori di esposizione. Perché, vi ricordate, dobbiamo ragionare in termini di esposizione-effetto, va bene? Quindi dobbiamo fare in modo che la nostra, diciamo, la nostra, il nostro appeggiamento, la nostra spiegazione sulle patologie, possa essere, appunto, sempre quella di, diciamo, evidenziare, appunto, eccola qua, di evidenziare, a fronte di una malattia in atto, quindi l'effetto, no, risultato dell'interazione tra un determinante e l'ospite, vi ricordate, la volta scorsa abbiamo detto, in genere individuo, quindi caratterizzato per il rischio di una malattia. Quindi, lo definiamo come ospite. Per le malattie infettive, abbiamo detto, è molto più immediato il concetto, perché il soggetto ha il rischio, no, di acquisire un'infezione e poi sviluppare una malattia infettiva, no, viene proprio in contatto con un microorganismo patologico, un agente biologico, no, in grado di lavorare con la malattia. Però è ospite anche per le altre malattie, le malattie non infettive, che ovviamente sono prevalentemente causate da fattori fisici, radiazioni, gli AGIX, sono dei fattori cancerogeni, oppure da fattori chimici, ci sono state delle sostanze classificate come sicuramente cancerogene, il problema vero sono le norme, no, diciamo, un numero di sostanze chimiche, ad oggi ancora non classificate in questo modo, ma che sono ad alto rischio, no, di essere cancerogene, di poter causare lo sviluppo, no, del cancro. E poi non ci sono solo i tumori, ci sono le malattie cardiovascolari, quindi ci sono una serie di sostanze chimiche, a volte anche, diciamo, affinzite con l'alimentazione, per esempio, no, che condizionano il rischio, appunto, di sviluppare malattie cardiovascolari, di malattie neurologiche, malattie respiratorie, no, il classico esempio degli incrementi che lo respiriamo, possono determinare direttamente un danno d'ordono a livello praseo o anche polimoni. Bene, quindi, diciamo, questo schema è importante, dobbiamo fare in modo, questo anche nella nostra profezione, se ci occupiamo, appunto, di sicurezza, per esempio, dei nostri pazienti, dobbiamo sempre relazionare con questo schema molto semplice. Effetto, quindi, una malattia in atto, un danno in atto, quale o quali esposizioni, no, possono avere rischio dopo l'effetto, va bene? Quindi facciamo, penso, un lavoro aridroso, facciamo un approfondimento indietro nel tempo per individuare, appunto, uno o più esposizioni che possano spiegare la situazione attuale. Tra chi, per esempio, un nostro paziente, magari ricoverato nell'evasto di riabilitazione dopo l'intervento di sostituzione provitidanca, no, sviluppa un'infezione successivamente al nostro ricovero. Allora, la prima cosa che dobbiamo andare a fare, oltre che trattarlo, ovviamente, adeguatamente, è andare all'iridroso nel tempo per cercare, se ci riusciamo, di individuare le esposizioni, o le possibili esposizioni, che possano spiegare, no, l'insorgenza di quell'infezione, che è un evento dannoso molto grave, no, molto, diciamo, molto non deliberabile, ovviamente, no, per quanto riguarda, appunto, il nostro paziente. Quindi, tornando allo schema, su cui abbiamo anche ragionato la volta scorsa e che adesso finiamo di dialogare in modo che diventi, un po', per noi, no, lo schema di base su cui lavorare, parliamo, quindi, noi, di storia naturale delle malattie. Quindi, non ci interessa la parte clinica, segne, sintomi e, quindi, diagnosi e cura, ci interessa tutto quello che c'è prima e, in realtà, soprattutto, con la vostra professione di specializzazione in medicina fisica e reabilitazione, ma anche altre specialità mediche e non solo, anche altre tipologie di operatori non solo sanitari, ci occupiamo anche di quello che succede dopo la malattia clinicamente evidente, cioè nella fase, come ho detto, della prevenzione terziaria, che adesso andremo a definire. Quindi, molto importante, no, ricordando quello schema della freccia, esposizione, effetto, ragionare, appunto, su questo. Cioè, per noi, il processo patologico, no, va analizzato, va descritto, va studiato come il susseguersi di un serie di fasi e, soprattutto, ci interessa questo, l'inizio, cioè, ci interessa, per ogni patologia, se ci riusciamo, quantomeno, scoprire, riuscire a indagare da che cosa possa essere stata originata. E, come modello, proprio, di studio, come modello di interpretazione di una malattia, di un danno, no, di un evento negativo per la salute di quell'individuo, all'interno di una popolazione, ragioniamo, proprio, su questo. Cioè, quale o quali possono essere stati i momenti che hanno preceduto l'effetto, quindi, quali possono essere, se ci riusciamo a descriverle, le fasi che hanno costato la malattia in atto, che saranno iniziate, no, hanno come origine, come inizio, l'esposizione a un fattore, o meglio, a un determinante, che è, appunto, un fattore potenzialmente in grado di attivare o di sviluppare un processo patologico in uno spirito suscettibile. Entriamo bene insieme alla tecnologia. Che vuol dire ospite suscettibile? Vuol dire l'individuo a rischio di ammalarsi per quella data malattia. Allora, torniamo al nostro schema, ammalazioni infettive, malazioni non infettive. Chi è, secondo voi, l'ospite suscettibile di ammalarsi di una certa malattia infettiva? Per esempio, di morbillo, chi è il suscettibile? Il non nato, il bambino, diciamo meglio, che non è stato ancora vaccinato. Oppure, esempio, il classico del morbillo, che non l'ha già avuto, ha avuto la contrassa. Perché? Perché per la stragrande maggioranza delle malattie infettive, l'ospite, quindi il soggetto, nel momento in cui ha già avuto la malattia infettiva, non è più suscettibile. Covid-19 fa eccezione, no? Perché posso avere, invece la posso contrarre, infezioni massi a più di una volta, ok? L'influenza virale, in realtà, non è come la Covid-19, nel senso che l'influenza virale, posso averla, no, l'aspetta una volta all'anno, l'anno successivo è completamente diverso e quindi, no, sono di nuova rischio di ammalarmi di influenza virale. Quindi, nel caso delle malattie, invece, non infettive, quindi, per esempio, nel caso del tumore, nel caso delle malattie cardiovascolari, delle malattie neurologiche, del diabete, chi sono gli ospiti suscettibili? È molto più complicato, no? Perché sono gli individui a rischio di sviluppare un tumore. Allora, per le conoscenze che abbiamo oggi, no, i fattori di rischio che possono, appunto, condizionare il rischio di sviluppare un tumore, no, sono tantissimi. Quindi, una grossa parte della popolazione, no, è ad oggi, no, suscettibile di sviluppare questa malattia così chiave. Allora, noi cerchiamo sempre di ragionare in termini di esposizione, no, che è quel momento dell'incontro, quindi quella condizione che permette l'incontro diretto con quel fattore o con quell'agente, quindi con quel determinante, no, quindi può essere la coabitazione nel medesimo ambiente del fattore-agente, no, su una popolazione a rischio e in grado di far avviare questo processo patologico. Quindi, ancora una volta, no, come operatori sanitari, la nostra responsabilità viene adeguare ai germi delle mani proprio perché, altrimenti, la nostra stessa assistenza sul malato può diventare una esposizione, un momento di esposizione di quel malato ai germi che magari abbiamo sulla nostra tuta. Nel caso delle malattie multifattoriali, chiaramente, le esposizioni sono, anche qui, l'abbiamo appena detto, veramente numerosissime, no, molteplici, quindi anche i momenti potenziali di incontro sono tantissimi, no, basta pensare agli inquinanti atmosferici o agli inquinanti alimentari, però, diciamo, anche su questo cerchiamo di lavorare. Se modifichiamo, per esempio, fin dall'età infantile, le abitudini comportamentali, beh, per esempio, potremmo promuovere degli stili di vita favorevoli che prevedano, per esempio, un'orientazione con un, diciamo, una quota di vegetali, quindi di verdure e di frutta possibilmente costantemente alta, no, fin dall'età infantile, poi dell'adulta, poi dell'assenile, allora stiamo cercando, no, di introdurre dei fattori positivi, no, di promuovere la salute, in questo caso, no, dal punto di vista alimentare. Quindi, l'importante, appunto, è sempre ragionare in questi termini, fase subclinica o preclinica e fase clinica velettrovia, cioè, nel senso, per noi è molto importante ragionare, ci rivediamo questo schema, per me è molto importante ragionare per fasi, no, quindi che cosa ci dice questo schema? Vi ricordate, è molto importante, lo dobbiamo usare bene, cioè, dobbiamo averlo sempre a mente perché ci aiuta, appunto, a interpretare non tutti quelli che possono essere i fenomeni patologici, questo anche per i nostri pazienti, non solo se lavoriamo, no, sulla popolazione. Allora, riguardiamolo bene insieme, così lo siamo per assoluto che vedrete che ci può essere utile anche per altri argomenti del corso, no, come vi dicevo la volta scorsa, cerchiamo anche di fare un po' di collegamenti, così anche lo studio è facilitato e aggiornato. Allora, intanto che cos'è questo schema? Questo schema va letto da sinistra verso destra. Che cosa rappresenta questo schema? La storia naturale delle malattie. Andiamo per i gradi. Iniziamo per una volta non dalle infettive, ma dalle multifattoriali, no, dalle non infettive, quindi tumori, malattie cardiovascolari, diabete, malattie neurologiche, malattie respiratorie. Allora, questo schema, no, si adatta bene a gruppi di popolazione, cioè noi potremmo immaginare di osservare dall'alto la popolazione residente nell'area metropolitana di Roma e fare che cosa? Beh, prima di tutto distinguere chi è in salute e chi ha già una o due malattie. Chi ha già una o due malattie lo mettiamo un attimo da parte, lo osserveremo poi diversamente dopo. Adesso iniziamo ad osservare, invece, chi? L'ampio numero, fortunatamente, di soggetti che oggi, questa prima riga nera parteggiata significa il punto di inizio della nostra osservazione, perché l'asse X nasce nel tempo da sinistra verso destra, quindi oggi noi iniziamo uno studio sulla popolazione residente nell'area metropolitana di Roma. Uno studio che durerà dieci anni. Raccogliamo i dati, quindi individuiamo tre milioni di soggetti in buona salute in questo momento e li cominciamo a osservare nel tempo. Quindi, da oggi in poi, andiamo avanti, sappiamo che osserveremo questi soggetti per addirittura una decina d'anni e quindi noi piano piano, piano piano, cominciamono a replicare le nostre osservazioni. Quindi ci spostiamo su questo asseno via via verso destra. Che vuol dire osservare i gruppi di popolazione? Fondamentalmente vuol dire proporre loro parolari o ordinamenti nello studio, proporre loro delle visite mediche, degli osservamenti, degli esami di laboratorio, degli esami di diagnostica delle immagini e così via, dare loro un riferimento mortale che se dovessero sviluppare sintomi ci possono contattare. Quindi l'idea è che nel tempo, mese dopo mese, semestre dopo semestre, noi continuiamo a osservare questa popolazione, questo gruppo di individui in buona salute. Che cosa può succedere andando avanti nel tempo? Perché probabilmente un sottogruppo di quella popolazione originaria a un certo momento, quindi in un dato momento potrebbe essere su quei 4 milioni, mille soggetti entro il primo anno, quindi nei primi 12 mesi, vanno a sviluppare una malattia crinica, cioè vanno a sviluppare segno e sintomi. Quindi che vuol dire? Non sono più in buona salute, escono dal gruppo dell'osservazione, diventano pazienti, diventano soggetti malati, li affidiamo ai colleghi clinici, agli infermieri, gli agni di cura, a voi, per tutte le parti che vi competono direttamente sul malato. Quindi che vuol dire? Vuol dire che via via questa popolazione in osservazione si assottiglia in qualche modo, però continuano a esserci fortunatamente soggetti in buona salute, quindi noi andiamo avanti nell'osservazione. Però attenzione, non ci sono solo i soggetti malattia clinica che sviluppano segno e sintomi. Nel nostro studio vogliamo indagare, con le visite mediche e con gli accertamenti posizionali, anche un'altra modificazione, che è, guarda caso, proprio una fase intermedia. Vedete, questo è il gruppo di soggetti dall'inizio dell'osservazione in buona salute, questo invece è il gruppo di soggetti che dopo, abbiamo detto, 12 mesi, positivamente per i nostri 10 anni lunghi di osservazione, sviluppano segno e sintomi. Però attenzione, ci interessa anche un altro sottogruppo della nostra popolazione in buona salute, e chi? Quei soggetti che da un certo momento in poi, perché questo schema, come dicevamo, rappresenta un'evoluzione temporale da sinistra verso destra, da un certo momento in poi non sviluppano segno e sintomi. Sono tutti apparentemente tani, ma che cosa sviluppano? Che c'è scritto qui? Dei cambiamenti subclimici. Che vuol dire? Vuol dire che con gli esami di laboratorio, con gli esami di diagnostica, l'ecografia, tutto quello che volete, che noi forniamo a questi soggetti durante lo studio, questi soggetti cominciano a sviluppare non segno e sintomi, quindi sono perfettamente tani, ma cominciano a individuare un iniziale danno d'organo. Che vuol dire? Nel caso, per esempio, dei tumori sappiamo, per moltissimi tumori conosciamo questa fase che si chiama anche preclinica o fase subclinica, che per noi è estremamente importante. E da che cosa è caratterizzata? Beh, dal fatto che, per esempio, nel caso del cancro del colon retto, sulla mucosa del colon, in un punto, si possa cominciare proprio a osservare che cosa? Che le cellule in quel punto, magari in una zona piccolina all'inizio, non sono più cellule normali, sono già cellule o precancerose o addirittura cellule francamente neoplasmiche, ma ancora non ho il tumore, che per definizione è una massa. Non vedo ancora una massa, no? Vedo per ora, non vedo che sarà già una massa, vedo ancora magari uno stradello sottile di cellule, ma so già che dopo otto anni, perché lo sviluppo completo di un tumore maligno impiega parecchi medici e non qualche anno da quello che sappiamo oggi, diventerà un tumore clinicamente evidente. E' chiaro quindi quello che dobbiamo fare, anche per le malattie multifattoriali, dobbiamo ragionare, quindi fare gli studi per individuare il prima possibile questi cambiamenti subclinici, che per noi sono estremamente importanti, perché? Perché se individuiamo questi danni d'organo, quindi precocemente, noi possiamo fare delle diagnosi anticipate, possiamo fare delle diagnosi precoci, e quindi che cosa facciamo? Permettiamo una migliore guarigione, soprattutto per i tumori, ma anche per le malattie cardiovascolari, anche per il diabete, se li diagnostichiamo molto precocemente, quindi prima che viano i temi e sintomi, soprattutto i temi e sintomi peggiori, quelli più gravi, noi risparmiamo sulla popolazione in termini di mortalità, cioè evitiamo, lo possiamo contare, lo possiamo dimostrare, evitiamo il decesso di questi pazienti. Come saranno questi soggetti, allora, in questa fase? Abbiamo detto e lo rivediamo, sono apparentemente sani, perché non hanno i temi e sintomi classici di quel tumore, di quella malattia cardiaca, di quella malattia respiratoria o del diabete, quindi non li riconosciamo, se non con gli esami particolari, che ci permettono appunto di identificare la malattia in questa fase, cioè in questo stadio di malattia, che si chiama stadio subverbale. Allora, soprattutto per queste malattie, tumori, malattie cardiovascolari, respiratorie, diabete neurologiche, quindi per le malattie non infettive, allora complichiamo lo schema, che è lo schema, abbiamo detto, della storia naturale delle malattie, cioè poter pensare, ipotizzare, individuare, dimostrare, e susseguirsi di parti. Allora, cambia la prospettiva, non c'è più il signor Ianni che oggi è sano e domani gli assegniamo una diagnosi di malato oncologico, cioè gli agnostichiamo il tumore al colon, c'è qualcosa di diverso, c'è un gruppo di individui della popolazione per i quali, come dire, non aspettiamo questi sviluppi di temi e sintomi del tumore al colon, quindi simili al signor Ianni, non aspettiamo per loro di poter diagnosticare il tumore quando ci saranno i temi e i sintomi, ma facciamo il possibile per diagnosticare se è una categoria a rischio, ovviamente, quindi se abbiamo degli strumenti per indirizzare la nostra indagine in qualche modo, per diagnosticare questa malattia così grave prima che sviluppi temi e sintomi. In modo tale da individuarla in questa fase, cambiamenti subclinici, perché per individuarla in questa fase tipicamente questa malattia che non abbiamo aspettato temi e sintomi, tipicamente sarà più circoscritta, sarà in linea generale più lieve e quindi le cure saranno più efficaci e quindi risparmieremo in termini decenti. Dicevamo, complichiamo un po' questo schema, perché? Perché abbiamo descritto quello che noi andiamo a fare su questi gruppi di individui, il nostro desiderio, l'obiettivo, fare diagnosi precoce, fare diagnosi prima dello sviluppo dei temi e sintomi e quindi migliorare che cosa facciamo? Modifichiamo la storia naturale della malattia, perché se nel gruppo di individui con cancro del colon, se la diagnosi c'è, la facciamo quando ci sono segni e sintomi, e l'aspettativa di vita a quei punti in media è di otto anni, è dimostrato che se noi riusciamo a fare diagnosi prima dello sviluppo dei temi e sintomi, l'aspettativa di vita si raddoppia. Ok? Quindi abbiamo guadagnato in termini di riduzione della mortalità, quindi che vuol dire abbiamo modificato la storia naturale della malattia, quindi abbiamo agito in termini di prevenzione, no? Cambiando la storia naturale della malattia, cioè cambiandomene l'evoluzione. Però dicevo, attenzione, dobbiamo un po' complicarlo questo tema, con che cosa? Per i tumori, le malattie cardiovascolari, i diabete, le malattie neurologiche, le malattie respiratorie, con un evento, meglio, con una serie di condizioni, no? Che ci stanno con la teoria che abbiamo anche richiamato pochi minuti fa, che sono appunto delle molteplici esposizioni. Cioè che vuol dire? Abbiamo appena detto, nel caso dei tumori maligni, noi, a differenza dell'influenza virale, che può essere causata solo ed esclusivamente dal virus influenzare, che solo ed esclusivamente ci trasmette per via respiratoria o per contatto grazie alle detezioni, no? Ma sempre e solo in quel modo. Nel caso dei tumori tutto è molto più complicato, no? Cioè quello che porta un gruppo di individui in buona salute oggi a sviluppare il tumore, eventualmente anche solo come cambiamento subclinico, tra dieci anni o tra quindici anni, e poi a sviluppare la malattia, no? Non è così, no? Non è così lineare. Non c'è un'unica causa di ogni tipo di tumore. Ci sono molteplici cause, in realtà li chiamiamo molteplici fattori inizio, ma quello che mi interessa è, vuol dire che ci sono molteplici esposizioni, va bene? Quindi ricordatevi, no, questo schema, perché, appunto, nel caso dei tumori, delle malattie radioascolari e così via, quindi delle malattie non infettive, non possiamo accontentarci di studiare un solo determinante, come nel caso delle malattie infettive, noi ricerchiamo un microorganismo patogeno, ma dobbiamo necessariamente ampliare il nostro studio e, appunto, analizzare molteplici esposizioni, va bene? Quindi questo è uno schema, diciamo, molto importante, che sta, diciamo, si unisce, si lega, fa il paio con quello che abbiamo appena detto, appunto, dell'esposizione e degli effetti, ok? Quindi, tornando a noi, le epidemiologie, ovvero i metodi su cui stiamo discutendo, a che cosa servono? Prima di tutto servono a contare, quindi distribuzione dei fenomeni legati a salute e malattia nelle popolazioni, quindi servono a contare i casi di malattia nelle popolazioni e, infatti, adesso affronteremo i soli due indicatori di frequenza che ci interessano. La frequenza delle malattie nelle popolazioni può essere studiata con centinaia di indicatori, ma noi ci accontentiamo di due che, tra l'altro, già conoscete, infatti, perché ne avete parlato, dicendo, un quarto o un terzo anno, ne avete parlato in tantissimi altri corsi, cioè l'incidenza e la prevalenza delle malattie, no? Dobbiamo vedere bene chi è con chi sono. E questa è la prima parte, insieme a tutta la storia naturale della malattia, insieme alla caratterizzazione delle esposizioni, insieme anche alla descrizione delle caratteristiche dell'individuo, diciamo, anche prima, quindi i fattori fisici, chimici, biologici, che possono essere i fattori sociali, culturali e comportamentali, quindi descrizione e misurazione della frequenza, l'epidemiologia fa un'altra cosa subito dopo, il secondo gradino. Infatti, chiediamo, la prima, epidemiologia descrittiva, la seconda, epidemiologia analitica o costruttiva, che vuol dire, va ad analizzare la relazione esposizione-effetto, quindi l'epidemiologia costruttiva o analitica va, guarda caso, a ricercare le cause, le cause delle malattie, se non trova le cause, trova almeno i fattori di vizio. Va bene? Quindi, in questa diapositiva, trovate diverse, diciamo, ripetute, anche con diverse formulazioni, questo concetto che è dato insieme. Va bene? Quindi, che cos'è la causa? La causa è un qualunque fattore, abbiamo detto quali sono, fisici, chimici, soprattutto biologici per le malattie infettive, ma anche sociali, culturali, comportamentali, l'attività lavorativa, diciamo, la tipologia di ambiente, tutto quello che volete. Quindi, tutte quelle condizioni per le quali possiamo, appunto, dimostrare che se presenti, quindi la cui presenza, aumenta l'occorrenza, che vuol dire occorrenza, la frequenza di una determinata malattia in una determinata popolazione. In realtà, se noi agiamo in prevenzione, eliminando, per esempio, quel fattore di vizio, la lotta a livello di colesterologia, ci accorgiamo, appunto, che è efficace, perché cominciamo a vedersi e a veder ridutti il numero, per esempio, di casi di infartato del biocardio. E' chiaro che non è riduttivo, non è la stessa cosa di dire voglio debellare il plasmode della malaria e dal 2060 la malaria sarà stata eradicata dal mondo, dalle popolazioni, non è la stessa cosa. Infartato del biocardio, ma siamo nel processo di colesterologia, ci sono forse almeno altri 200 fattori di vizio, ma ognuno di questi deve essere, come dire, contrastato, deve essere aggredito, ce ne sono alcuni più importanti in alcune popolazioni, ce ne sono altri meno importanti, addirittura in parti diverse, alcuni sono addirittura legati all'infermia, ce ne sono addirittura dei fattori genetici, e quindi sono molto importanti e studiati. La prossima legge va tutti e due con l'utilismo. Che cos'è una causa o un fattore di vizio? E' quella condizione che se c'è aumenta la frequenza di una certa malattia in una certa popolazione. Se invece riesco a eliminarlo, cioè riesco a debellarlo, mi è bene accordo che funziona perché si riduce il manifestato, cioè ancora una volta la frequenza, di quella malattia in quella data popolazione. Attenzione perché, come dicevamo, rispetto alle malattie infettive e alle malattie multifattoriali, non possiamo propriamente parlare di causa unica, ma di fattore di vizio. E attenzione perché la relazione è aspecifica, perché che vuol dire? Una malattia di infarto acuto del mio cardio riconosce molti di questi fattori di vizio, ma è anche vero che alcuni dei fattori di vizio di infarto acuto del mio cardio, un po' non lo ritengono. Bene, cioè è una malattia completamente diversa. Quindi un unico determinante può dar causa a molteplici patologie. Altro schema, diciamo da tenere presente, fattori genetici, non accaso sono messi in gioco, un po' come se fosse immaginare la punta dell'iceberg. I fattori genetici sono oggi, lo sappiamo, delle malattie multifattoriali, cioè delle malattie con i tumori, le malattie cardiovascolari e così via, sono molto importanti. Quindi gli studi sui fattori genetici sono estremamente, diciamo, utili nelle popolazioni. Però, attenzione, altrettanto importanti, soprattutto per noi come operatori sanitari, sono, che cosa? I fattori ambientali, quindi la lotta di inquinamento, l'ingene degli ambienti, per esempio, di assistenza, la corretta tenuta delle attrezzature e così via, oppure fattori comportamentali, cioè che cosa? Tipicamente gli stili di vita. Ok? Quindi sappiamo che dobbiamo agire. Altro schema, diciamo, utile, no? Sempre da associare praticamente a quello che abbiamo visto prima. Qui però, diciamo, è iniziato anche proprio chiarendo, no? Un po' chiarendo come termini. Sempre da sinistra verso destra, ok? Adesso, diversamente da prima, appliciamo invece questo schema, non alle malattie multifattoriali, ma alle malattie infettive. Allora, immaginiamo anche qui, no? Di osservare dall'alto una popolazione, un gruppo di individui, che all'inizio necessariamente di questo processo saranno dei soggetti suscettibili per la malattia infettiva, l'abbiamo detto poco fa, l'abbiamo detto voi giustissimo, sia suscettibile chi non è vaccinato e chi non ha già avuto in precedenza quella malattia. Allora, sempre che noi osservassimo questo gruppo di individui dall'alto per la malattia infettiva, che cosa potremmo immaginare? Ovviamente che ognuno di loro o addirittura, no? In gruppo, se si trovano nello stesso ambiente, nello stesso momento. Diversamente da prima in cui noi avevamo molte frecce dall'alto, quindi molteplici esposizioni, qui invece ne abbiamo una sola. Il contagio, l'unico momento in cui ho avuto il contatto con l'organismo patogeno. Può essere l'unico momento in cui sono troppo vicino a un soggetto che ha l'influenza o che ce l'ha in incubazione e che quindi, no? Mi trasmette con il respiro, con le goccioline microscopiche, con lo starnuto, con la tosse, come facciamo bene anche per le altre malattie a trasmissione aerea, cioè delle due respiratorie, no? È l'unico momento in cui resto pregato, ok? Attenzione, questo schema è importante anche per pensare, come dire, non solo alle malattie a trasmissione aerea, no? In cui ho bisogno di immaginare il contagio, si chiama, interpersonale, cioè uno a uno. Io ho l'influenza in incubazione, parlo con un'altra persona, sono molto vicino con le goccioline microscopiche e mi trasmetto il virus influenzare. Questo schema è molto importante, in realtà, anche per pensare, invece, ad altre situazioni sempre di vizio delle malattie infettive, ancora di preoccupanti, cioè a quelli che possiamo descrivere come scioccolai epidemici. Che vuol dire, secondo voi? Quando è che dobbiamo sospettare, no? Dobbiamo trattare insieme l'epidemia, ma conoscendola bene anche sulla nostra pelle. Quando è che questo schema si adatta a un gruppo di individui che possono rischiare di diventare casi di epidemia? Come la definiamo un'epidemia? Secondo voi, eh, non come la definiamo correttamente. Che cos'è un'epidemia? O un esempio, quale potrebbe essere? Che cos'è l'epatite A? O la salmonellosi, cosa sono? Delle malattie? Come si trasmettono? Come si trasmettono l'epatite A? Perché è legata al rischio di consumare cozze e bulle? E anche alla salmonellosi. Gli alimenti, quindi, le malattie a trasmissione alimentare, no? Si trasmettono in questo modo. Cioè, si trasmettono con l'ingezione di un alimento contaminato, ok? E quindi si realizza il contagio. Quindi l'epatite A, come dice Stavrini stesso, alimentare, no? Si trasmette in questo modo. Ok? Perché, secondo voi, per l'epatite A o per l'epatite alla salmonellosi, altra malattia a trasmissione alimentare? Perché, secondo voi, diciamo questo schema, anche con un'unica esposizione, si adatta bene a una malattia a trasmissione alimentare? Quali potrebbero essere i rischi? Molto, molto, diciamo, semplicemente ragionandoci. Mentre nell'influenza virale il rapporto è uno a uno, il soggetto con la malattia o con l'infezione è il soggetto suscettibile. Nel caso di un alimento, facciamo così, l'acqua contaminata, se ci fosse colera, il dibrione del colera che è un batterio, nell'acqua che invece pensiamo che fosse potabile, che cosa rischieremmo? Che tutti quelli che consumano in quell'intervallo di tempo con l'acqua, quindi facevano i tempi devoluti perché, potrei non essere, diciamo così, mi sono peccato, mi sono raschiato le cozze da solo e me le mangio senza cuocerle e quindi mi espongo solo a me stesso. Ma immaginate che cosa possa voler dire invece una partita di cozze commercializzate, contaminate, capito, dalle emasichianze, no? Non è più una relazione uno a uno, un solo soggetto che si contagia, quindi in infezione e quindi in malattia. Ma in realtà potrebbe anche essere un gran numero di casi, una classica esempio dell'acqua non potabile, ok? Quindi che cosa è importante di questo schema? In ogni caso, o per il singolo o per un gruppo di individui, nel caso delle malattie infettive, è importante ricostruire il momento dell'esposizione. Che cosa accadrà dal punto di vista dei fatti, della storia naturale della malattia? Che cosa accadrà subito dopo il contagio? Se io ingerisco il mollusco crudo contaminato, un po' di molluschi crudi contaminati, mi ammalo immediatamente o comincerò a fermare, nel caso del variale, un paio di settimane? Quindi che cosa succederà? Avrò 15 giorni, anche in questo caso, quindi come per lo schema precedente, nel caso del tumore, che invece è addirittura mesi o anni, nel caso delle malattie infettive avrò ore, giorni o al più settimane di stadio subclinico. E quindi, come nelle tempi precedenti però, che cosa succederà? Si realizzerà comunque danno d'organo, ma in assenza di segni e sintomi. E perché, secondo voi, per le malattie infettive, rispetto ai tumori, lo stadio subclinico è ancora più importante nei confronti del resto della popolazione? Come lo chiamiamo per le malattie infettive questa fase? L'incubazione, giusto? Cioè il periodo che intercorre tra il contagio, quindi quando mi espongo all'incontro, guarda caso, l'abbiamo detto in quell'altra diapositiva, esposizione, è l'incontro tra un fattore o un determinante, in questo caso una causa, e l'ospite suscettibile. Quindi, siccome ci sto tornando a rendervi un po' più concreta, lo studio è la parte, diciamo, più teorica che abbiamo visto finora. Quindi dicevamo, se mi contagio oggi, col virus influenzale o con virus respiratorio, l'incubazione è di tre o quattro giorni. In realtà io, che non ho ancora segno e sintomi, lo sviluppo tra quattro giorni, ma in questi quattro giorni che cosa accadrà? Prima di tutto il virus influenzale realizzerà il danno d'organo nei miei bronchi, ancora non mi darà segno e sintomi, ma se potessi fare delle biopsie della mucosa tracheale, soprattutto, o della mucosa faringea, troverei il virus che sta realizzando il danno d'organo, cioè quello che deve fare. Ma la cosa più importante per noi in igiene, nei confronti del resto della popolazione, qual è? Durante l'incubazione, quindi lo stadio subclinico di una malattia infettiva, io che sono in incubazione, come sono verso gli altri? Pericoloso, perché sono contagioso, ok? Perfetto, allora quindi questo schema per questo motivo è così importante, lo dobbiamo studiare così, fase di suscettibilità, fase di stadio subclinico delle malattie infettive molto breve, la malattia clinicamente evidente, quello che succede dopo, ok? Questo è lo stesso schema per le malattie, ancora una volta, multifattoriali, anche lì sappiamo che per alcuni tumori, per esempio, vale questo schema che è molto simile a quell'altro che avevamo visto prima, cioè molteplici esposizioni, magari per lungo tempo, per decenni. Per altri tumori, invece, sappiamo che purtroppo succede questo, cioè che il tumore inizia a svilupparsi, ovviamente in assenza di segni e sintomi, quindi solo il danno d'organo, quando in realtà in un certo momento specifico magari c'è una esposizione, o tutte le esposizioni vanno a convergere, quindi si sommano e si moltiplicano, potrebbe essere un'esposizione professionale, potrebbe incontrare un contaminante chimico solo in quel momento, appunto, però sappiamo che esiste anche questo, cioè la concomitanza di molteplici esposizioni. Questo schema è molto importante anche per, diciamo, lavorare insieme su quello che chiamiamo tempi e modi della prevenzione. Vi ricordate, la volta scorsa abbiamo definito la prevenzione, no? Quali sono gli obiettivi? Adesso la dobbiamo caratterizzare meglio, questo è importante come argomento. Abbiamo tre tipi principali di prevenzione, prevenzione primaria, prevenzione secondaria e prevenzione terziaria. Secondo voi, dove si colloca, quindi per quello voglio insistere su questo schema, dove si colloca, secondo voi, la prevenzione primaria, quindi banalmente la prevenzione primaria, la prima, il primo momento in cui possiamo applicare i metodi preventivi, dove si colloca in questo schema? Di sole a primaria. Nella suscettibilità. Perfetto. La prevenzione primaria, guarda caso, quindi ricordatelo anche quando la studierete, ve la ricorderemo in quattro minuti, la prevenzione primaria si chiama così perché viene applicata nella fase di suscettibilità, ok? Diciamola ancora meglio, la applichiamo prima dell'esposizione. Allora, nel caso delle malattie infettive, che esempio potremmo fare? Quale è l'esempio più importante per la prevenzione primaria? L'avete detto anche prima. La mascherina. La mascherina sicuramente come dispositivo di protezione, infatti che fa? Addirittura la mascherina impedisce il contagio, giusto? Io avevo pensato a un altro, il vaccino. Il vaccino, e lo affronteremo nell'ultima lezione meglio, che cosa fa primariamente il vaccino? A differenza della mascherina. La mascherina impedisce, è un impedimento fisico, impedisce l'esposizione e il contagio, ok? Il vaccino fa una cosa diciamo altrettanto meritoria ma molto più complessa, perché che cosa fa? Rende resistente l'individuo a quel patogeno, cioè in questo schema che cosa fa? Impedisce l'evoluzione da sinistra verso destra. L'esempio più concreto, la vaccina se non si è fatica B, come si trasmette il virus dell'epatite B? Il virus dell'epatite A si trasmette via alimentare, invece il virus dell'epatite B si trasmette con il sangue, quindi classicamente scambio di siringhe, oggi invece il contagio sessuale, per noi come operatori sanitari l'evento accidentale, la puntura e il taglio con un presidio che sia contaminato dal sangue del paziente e quindi da particelle virali che potremmo acquistare dal paziente, quindi diciamo potremmo contagiarci. Se sono vaccinato contro l'epatite B e mi taglio col viziori in sala operatoria, il viziori è contaminato evidentemente dal sangue e il soggetto è positivo al virus dell'epatite B, quindi dentro questo sangue sulla lama del viziori ci sono particelle di virus dell'epatite B e quando mi taglio quelle particelle entrano fin dentro il mio sangue, quindi vanno in circolo, che vuol dire? Che l'esposizione e il contagio si realizza, ok? Non è come una mascherina che lo blocca, l'esposizione e il contagio si realizza, ma che cosa il vaccino non permette al virus dell'epatite B di fare? Non permette di iniziare la fase successiva, cioè la fase subclimina, il danno d'organo. Quindi se sono vaccinato, mi taglio le particelle mirali dal sangue che sono il viziori e arrivano nel mio sangue, cominciano a circolare, ma il vaccino le blocca, quindi non riescono ad aggredire il danno d'organo, nel caso del virus dell'epatite B ovviamente è il fegato, quindi non riesce ad aggredire il fegato. Quindi che cosa fa il vaccino? Interrompe la storia naturale di una malattia molto grave, perché le epatite B come le epatite C sono malattie serene, quindi interrompe la storia naturale della malattia infettiva, ok? Non è più nemmeno come la mascherina, solo che la mascherina lo fa addirittura impedendo il contagio, ok? Però attenzione, questo schema usatelo bene, perché anche per un altro motivo, il vaccino, voi l'avete detto giustamente, non nel caso del mordillo, noi pensiamo fisicamente all'età infantile, no? Non a caso, quando è che ci vacciniamo, il grosso delle vaccinazioni, quando è che lo facciamo? In età adulta o addirittura a un mese e mezzo di vita? Ok, perché secondo voi? E perché, insisto, in modo tale che vi ricordiate che la prevenzione di malaria va fatta prima dell'esposizione. A un mese e mezzo di vita, che faccio? Sembra c'è la mamma e vengo allattato, e al papà, fortunatamente, e vengo allattato, ok? Quindi che tipo di esposizione posso avere? Bastissima, ok? Ma che succede nei mesi successivi, no? Da quattro, cinque, sei mesi, che fa il neonato? Guarda a casa, comincia a muoversi, comincia a pesisce la primissima autonomia, in realtà comincia a gattonare, allora logica che cosa fa? Viene in contatto con, non fa più solo il braccio, con l'ambiente. Quindi iniziano, ovviamente molto filtrate, perché cercheremo tutti di avere attenzioni al stato di rispetto e pulizia dei nostri ambienti domestici, o piuttosto che l'ambiente, piuttosto che quello che volete, ma c'è una costante, no? Dopo pochi mesi quel neonato inizierà, di fatto, ad avere una più ampia esposizione ambientale. Quindi tutto questo semplicemente per ricordarvi che cosa? Il vaccino quando lo uso? Prima o dopo l'esposizione? Necessariamente prima dell'esposizione. Se fossi non vaccinato contro le valide vie e mi tagliassi durante il lavoro, andandomi in pronto soccorso, mi proporrebbero la vaccinazione e mi sono già tagliato? No, perché la vaccinazione si usa pre-esposizione. Ok, andiamo avanti. Aggiungiamo un altro pezzetto che ci aiuta poi per l'ultimo argomento. Prevenzione primaria. Abbiamo detto che cos'è a questo punto? Vaccinazione, uso delle mascherine. Io aggiungerei, ma anche io l'avete provato, non è il caso di tagliare acqua potabile. Noi l'abbiamo rispettato, ma le nostre centri della popolazione globale purtroppo ancora non ha acqua potabile assicurata. Quindi, prevenzione primaria, abbiamo detto, pre-esposizione, in quello stadio di suscettibilità. Allora la domanda è, ma come facciamo a misurare che la prevenzione primaria sia verificata? Cioè, che stiamo lavorando bene, nel senso che l'abbiamo vinta. Però proviamo a ragionarci insieme. Se faccio prevenzione primaria e quindi blocco il processo in questa fase, che cosa non osserverò più? In quale fase? Eh, me lo devi dire tu. No, nel senso... Stiamo parlando della prevenzione primaria. Se la prevenzione primaria è pre-esposizione, che succede? Che cosa non ci sarà più? L'abbiamo detto prima, non ci sarà più la malattia. Quindi vuol dire che non ci saranno più nuovi casi. Quindi, prevenzione primaria, qual è l'obiettivo della prevenzione primaria? Ridurre l'incidenza, che è la comparsa di nuovi casi della malattia. Quindi, vedete che già ci sono tantissimi argomenti diversi, ma solo con quello schema riusciamo a associarli tutti. Passo successivo. A questo punto ho tanto insistito, soprattutto sulle malattie multifattoriali, sullo stadio subclinico. Abbiamo fatto l'esempio del tumore, quindi ho detto che noi desideriamo diagnosticare i tumori il più possibile prima dei segni e sintomi, e così via. A questo punto, la prevenzione secondaria, dove si situerà, visto quanto insistito sullo stadio subclinico? Che sarà la prevenzione secondaria? Cioè, sicuramente la malattia è già stata contratta? No. O meglio, specificiamolo meglio, che per i tumori, non vero detto, non chiamiamo incubazione, ma chiamiamo latenza, più propriamente. Quindi, per le malattie infettive, quel periodo lo chiamiamo incubazione. Per le malattie cronico-degenerative, cioè non infettive, lo chiamiamo più appropriatamente periodo di latenza. Quindi la prevenzione secondaria si situerà nel periodo di latenza, nello stadio subclinico. E sanno che cosa? Gli screening, guarda caso, oncologici. Perché la Regione in questo periodo sta pubblicizzando altrimenti sui vari canali di comunicazione, proprio l'adesione volontaria degli individui sani agli screening. Quindi, diciamo così, non è del tutto corretto dire ho già contratto la malattia. Cioè, dobbiamo specificarlo bene. In senso stretto è vero, cioè in senso stretto, la fase di latenza, che è questa qui, di un tumore, in realtà è già un caso di malattia. Però, attenti, non ha segni e sintomi. Quindi dobbiamo specificarlo. E sappiamo che la terminologia più corretta sarebbe il soggetto ha già contratto la malattia, ma è ancora subclinica, asintomatica, in assenza di segni e sintomi, ed è limitata al danno d'organo. Quindi ha contratto la malattia, ma siamo in una fase prepocissima della storia naturale di quella malattia. Malattia tumorale, malattia oncologica. Va bene? Quindi prevenzione secondaria si situa qui, nello stadio subclinico. E infatti, come giustamente ha detto poi il vostro collega, semplicemente specificandolo meglio, in realtà se mi viene diagnosticato un tumore al colon in un stadio subclinico, io tecnicamente sono già malato. Giusto? Infatti è vero che vi ho detto, se ho la fortuna di avere una diagnosi in questo stadio, mi verrà subito proposta, non è che mi fanno aspettare che abbiano segni e sintomi, mi viene subito proposta una terapia adatta allo stadio subclinico, adatta alla fase preclinica, alla fase precoce, e, ho insistito prima, questa terapia precoce, che vantaggio avrà? Che cosa rallenterà, che cosa allontanerà dal soggetto la probabilità, noi stiamo parlando di un tumore maligno, quindi una malattia postale, quindi allontanerà la prospettiva del decesso. E allora ritorniamo alla nostra diapositiva, perché poi voi ve la dovete studiare così. Primaria, obiettivo? Ritorne l'incidenza, comparsa di nuovi casi di malattia. La secondaria? La secondaria non può agire sulla frequenza di malattia. Perché? Perché abbiamo appena detto che se la prevenzione secondaria lavora nello stadio subclinico, il soggetto nello stadio subclinico in realtà è già malato, tecnicamente malato asintomatico, malato subclinico, malato in fase precoce della scella naturale della malattia. E allora quale sarà l'obiettivo della prevenzione secondaria? Non modificare, cambiare la frequenza di malattia, quello non lo può più fare, ma sicuramente ridurre un altro obiettivo che per noi è estremamente importante, cioè ridurre la mortalità. Mi raccomando perché nello studio dovete essere precisi che cos'è quando si effettua gli esempi e soprattutto gli obiettivi. Non incorrete nell'errore magari di pensare prevenzione primaria riduce l'incidenza, prevenzione secondaria riduce la prevalenza. Non è così. La prevenzione secondaria sulla frequenza non ha alcun titolo, la prevenzione secondaria riduce la mortalità della malattia. C'è poi una terza possibilità che è la prevenzione terziaria. Dove si situa la prevenzione terziaria? Dopo la malattia clinica, cioè che vuol dire che se sono un malato oncologico e ho ricevuto appunto diagnose cura mettiamo in stadio subclinico oppure in stadio clinico, comunque, in qualche modo viene risolto la mia malattia in alto. Potrebbe essere l'ascoltazione completa del tumore, potrebbe essere l'allunizione del tumore, l'avere questo controllo per molti anni non crescerà più grazie alla terapia e così via. In ogni caso io sono nella fase, se questa è subclinica o preclinica, sinistra, quella di destra com'è postclinica, successiva alla malattia clinica intelligente. E allora possiamo ancora fare qualcosa, anzi ci rientrano proprio attività che voi piuttosto che gli altri terapisti svolgono, piuttosto che gli infermieri, il medico stesso, l'assistente sociale, lo psicologo ed è la prevenzione terziaria. Quindi vedete che questo schema dell'osteone naturale della malattia è estremamente importante e anche utile, perché con noi lo schema possiamo veramente parlare di forse dieci argomenti diversi del nostro corso. Quindi prevenzione terziaria, ricordatevelo, è lo stadio di guarigione. Attenzione, la malattia spesso, soprattutto le malattie croniche, non possiamo parlare appropriatamente di guarigione, ma magari comunque di un certo grado di disabilità. Non dimenticatevi che se sono guarito la mia disabilità, il mio cardiopatico è un cardiopatico. L'obiettivo poi della prevenzione terziaria sarà ridurre al minimo la disabilità, cioè farmi tornare a un livello di qualità di vita il più accettabile possibile, quindi come dire, farmi sentire il meno possibile cardiopatico. Ma in realtà io continuerò per tutta la vita, essendo una malattia cronica e degenerativa, continuerò per tutta la vita a essere un soggetto cardiopatico. Avrò un rischio più aumentato di avere il secondo infarto, avrò un rischio più aumentato di avere altre manifestazioni della cardiopatia chimica, avrò un rischio più aumentato di avere, per esempio, danni vascolari in altre distanze. Quindi, prevenzione primaria ridurre l'incidenza, prevenzione secondaria ridurre la mortalità, prevenzione terziaria ridurre la senilità, cioè ridurre la gravità, ridurre le complicanze di malattia, allungare il termine, allungare i tempi che portino appunto a complicanze e quindi ulteriori disabilità e addirittura fino alla morte. E quindi voi vi vedete un po' dei testi ma li abbiamo commentati già insieme. Questo è un modo completamente diverso nel senso graficamente, cioè non c'è più l'asse da sinistra verso destra ma è da lato verso il basso. Però ragionatevi allo stesso identico modo, quindi che cos'è il primo livello? L'esposizione a cause, microrganismi, oppure fattori di rischio, quindi l'esposizione a dei benefici. Quindi prevenzione primaria, pre-esposizione. All'esposizione incubazione o inibizione alla terza può seguire la malattia. A quel punto non è più prevenzione primaria, è prevenzione secondaria, quando la prevenzione secondaria non accadono, prima dei temi e sintomi. Ok, ricordate che questo schermo è temporale dall'alto verso il basso, quindi posti indipendenti nella malattia sintomatica, specialmente conoscendo il vostro collega o contratto alla malattia, ricordiamoci solo di specificare che è completamente asintomatica, non ho neanche i temi classici ma ho un danno d'organo iniziale, stadio, presidio e poi via, fino ad arrivare appunto alla prevenzione terziaria. E quindi poi riprendiamo i concetti che abbiamo dibattuto la volta scorsa, che vuol dire esagare, che vuol dire tenere sotto controllo una malattia. A questo punto introduciamo subito, e vi direremo poi meglio la prossima nella prossima lezione, i tipi di epidemiologia. Allora, primo tipo, epidemiologia descrittiva, che cosa studia? Descrive in dettaglio stesso la distribuzione qui della malattia, ma in realtà delle diverse malattie, nelle popolazioni umane, nei gruppi di minima, potrebbe essere necessario a studiare la distribuzione delle malattie nei progetti di sesso massivo e residenti a Roma tra 20 e 50 anni, ok? Oppure della popolazione da pediatrica ma solo nella fascia 0-5, sia genere maschile che genere femminile, e così via, ok? Descrizione, e allora che cosa utilizzerà l'epidemiologia descrittiva? Utilizzerà la descrizione nel tempo, no? Quindi, praticamente, l'influenza virale è una malattia ragionale, no? La salmonellose o l'epatite A, di cui parlavamo prima, sono, se prevalentemente, ragionali. L'influenza virale, le cinghernavi, l'epatite A, la salmonellose, le malattie alimentari, identificano in seguito il rischio di salvo ai fattori ambientali, ok? Quindi, l'idea è lo spazio. Che vuol dire spazio? Vuol dire l'ambiente, ok? Ci interessa capire se c'è una distribuzione differente delle malattie, una stessa malattia, in ambienti diversi. Tratti di esempio, no? Lo studio delle malattie è per studiare la morativa, per categorizzare la morativa, quindi siamo interessati a capire se c'è un calibro di malattia o quali malattie più frequenti nei tecnici di radiologia rispetto, magari, ai medici. Oppure, quali sono i rischi delle malattie più alti negli operatori sanitari, quindi in assistenza, in confronto con le modalità amministrativi della struttura sanitaria. È chiaro, quindi, che vuol dire spazio, ok? Primo gradino, quindi epidemiologia destruttiva. Secondo gradino, epidemiologia analitico-costruttiva, lo dicevo prima. Che vuol dire analitico-costruttiva? Analizza la relazione e posizione effetto. Alla fine, l'epidemiologia analitico-costruttiva, che obiettivo ha? Studiare le cause di quelle malattie che l'epidemiologia destruttiva ha descritto caratterizzare, in quel modo, le popolazioni, gli ambienti, oppure, addirittura, avere una distribuzione così caratteristica nel tempo. Quindi, identificare i determinanti, i fattori, causa, agente causale, organismo patologico, malattie infettive, fattori di rischio, nel caso delle malattie multifattoriali, che possono spiegare, questo vuol dire influenzare, le distribuzioni delle malattie nelle popolazioni che l'epidemiologia destruttiva ha studiato. E poi, le distribuzioni esperimentali, che però, nel nostro corso, non trattiamo. Allora, a questo punto, andiamo, invece, sulle misure di frequenza. Ok? Molto importante. Così, veramente, diciamo, ci siamo giocati parecchi punti, diciamo, di questa prima parte del nostro programma. Allora, intanto, le misure di frequenza, dove si usano? Similamente, nell'epidemiologia descrittiva, ma non solo, poi vedremo, nel senso che possiamo avere bisogno di, appunto, sminiturare la frequenza di una malattia in qualunque momento, no? Nel nostro studio, ok? Però, diciamo che sono più tipiche dell'epidemiologia descrittiva. Allora, l'abbiamo appena visto nella diapositiva, che quando era piccolo c'era scritto tempo e spazio, spazio vuol dire luogo. In realtà, dobbiamo essere più precisi e aggiungere un terzo elemento che l'epidemiologia descrittiva analizza. Cioè, si dice proprio così, persona, ospite, le caratteristiche dell'individuo. Però, l'abbiamo dibattuto ampiamente, no? Quindi, poi dovete leggere quali sono le caratteristiche dell'ospite che ci interessano all'inizio di tutto quello che abbiamo detto. Beh, alcune sono proprio caratteristiche individuali, l'età, il genere. In parte, anche il gruppo etnico, perché si è visto che alcune malattie sono specificamente legate all'etnico. E poi c'è tutto il resto, e vedete che volutamente non ho messo per primi i parametri antropometrici, no? Il peso, l'altezza, gli esami di laboratorio, le misurazioni effettuali con tutti i tipi possibili di affarezzature, ok? O i segni rilevati all'esame obiettivo, no? Anche quando magari dovete valutare il grado di autonomia del progetto, ok? Volutamente, per prime, ne ho messe tre, le più stupide che mi possano venire in mente, ma che sono, diciamo, vi servono come esempio, semplicemente per ricordare che in epidemiologia andiamo a studiare come potenziali fattori protettivi o come potenziali fattori di rischio anche caratteristiche non biomediche, ok? Anche caratteristiche non tipiche del mondo sanitario, quali l'attività lavorativa, il grado di scolarità, il livello socioeconomico, le abitudini alimentari, le altre abitudini comportamentali, ok? Il far parte di un certo gruppo, diciamo, all'interno della popolazione. Tantissime caratteristiche, ok? Questo quindi perviene che gli studi devono essere più ampi possibili, ok? Allora andiamo sulle misure di frequenza, invece. Le dobbiamo, mi raccomando che sono argomenti importanti, le dobbiamo definire, le dobbiamo conoscere proprio come formula, ma soprattutto dobbiamo averle comprese. Allora andiamo sulla seconda, l'incidenza, perché l'abbiamo appena detta, no? La prevenzione primaria lavora sull'incidenza. Che cos'è l'incidenza? Qual è la parola chiave? Ok? Nei depositivi trovate a volte anche dei concetti, tra virgolette, ripetuti, ma è proprio il desiderio di farvi rimanere quelle parole chiave, semplificare lo studio e fare in modo che, insomma, ci posiamo in pensiero dell'esame il prima possibile e, cosa che mi interesserebbe di più, vi possa rimanere anche qualche, tra virgolette, piccolo strumento che un domani, diciamo, potreste avere anche nella vostra professione e bisogno di utilizzare. La parola chiave di incidenza è nuovi casi. Quindi l'incidenza studia i nuovi casi di malattia in una popolazione. Che vuol dire, secondo voi, nuovi casi? Ma nuovi rispetto a che cosa? Ci abbiamo detto prima che cosa vogliamo noi? Lo schema da sinistra verso destra. E che cos'è questo schema? Che rappresenta? L'evoluzione del tempo. Giusto? Quindi, i nuovi casi, che cosa, diciamo, che cosa dobbiamo, come dobbiamo completare il termine nuovi casi? Sono nuovi rispetto a che cosa? Allora, alla nostra osservazione. Cioè, noi decidiamo oggi, da oggi per una settimana, di misurare il numero di casi di epatipa virale di tipo A alimentare nella popolazione romana. Quindi che cosa facciamo? Studiamo la popolazione per sette giorni. Ricordate il tempo da sinistra verso destra. E quindi il T0 cos'è? È oggi. È la giornata di oggi. Ok? Il T1 cos'è? È tra sette giorni. In mezzo che cosa c'è? C'è la nostra osservazione, il nostro studio. Ok? Immaginate che la popolazione sia composta solo da questi dieci individui, è uno studio semplice e semplice. Ok? Va da sinistra verso destra, la lita verde che cos'è? È il loro stato di salute. Il rettangolino rosso che cos'è? È l'essere malati. Ok? Allora, abbiamo detto che questi sono i giorni precedenti, i mesi precedenti. T0 è oggi. Ok? L'ho evidenziato. Oggi iniziamo il nostro studio. La popolazione è composta da dieci individui. Che facciamo prima cosa? Andiamo a vedere se tutti i soggetti hanno già l'epatite A oggi. Ancora meglio, noi la prima cosa che andremo a vedere di questi dieci soggetti è se ipoteticamente qualcuno ha già l'epatite A. Giusto? E sono il C e l'E, perché noi siamo qui, quindi noi stiamo osservando oggi. Come sono questi soggetti? Sono già? Sono già malati. Perché erano malati nei giorni precedenti. Addirittura C probabilmente era malato da settimane. Ok? Proviamo a vedere, proviamo a cambiare il punto. No, non iniziamo oggi, iniziamo tra tre giorni. Ok? Tra tre giorni che cosa succede? Il soggetto A com'è? Riga verde. È sano o malato? Sano. Sano. B? C com'è? Ma com'è? Nuovo caso o già malato? Già malato. Già malato, quindi non è la nuova diagnosi che facciamo noi. B com'è? È sano, perché è guarito. Ok? E com'è? Ed è, soprattutto, già malato. F, G sono sani. Guardate un po' H. Perfetto. H lo diagnostichiamo noi. Quindi, noi che cosa dovremo contare, no? Correttamente in questo schema. Quale sarà l'incidenza misurata al T0 ad oggi? Uno solo. Uno solo. Non ve l'ho detto. L'incidenza non lavora sul totale della popolazione, ma lavora su una popolazione suscettibile. Il termine che abbiamo già visto in quello schema, il schema da sinistra verso destra, su cui abbiamo anche oggi, noi siamo tornati a ragionare. E allora, tornando al nostro schema, quanti sono su dieci i suscettibili? Cioè, oggi, quelli a rischio di ammalarsi. Sono soltanto, non tutti e dieci, ma sono dieci meno i due già ammalati prima. Quindi sono otto. Quindi l'incidenza al T0 quale sarà? Uno su otto. Ok? E invece l'incidenza finale, cioè quella complessiva, come sarà? Uno, due, tre, quattro nuovi casi, osservati in una settimana, ma su dieci o sempre su otto? Che abbiamo detto, solo su quelli a rischio. Quindi devo togliere i due già ammalati. Quindi quale sarà l'incidenza finale in una settimana? Quattro su otto. Quale sarà l'incidenza invece al primo giorno? Uno su otto. È chiaro? Allora, torniamo indietro. Definizione di un'incidenza. Intanto che cos'è? È la frequenza con cui si manifestano nuovi casi di malattia in una popolazione suscettibile. Ricordatevi, malattia infettiva più è suscettibile chi non è vaccinato e chi non ce l'ha già avuta prima. Se fosse l'incidenza di un tumore, chi è suscettibile? Tutti quelli con tanti fattori di rischio, va bene, ma più banalmente, chi è suscettibile in questo momento? Chi non è già ammalato, quindi non ha già avuto la diagnosi di tumore prima della mia osservazione. È chiaro? Ok. Andiamo allora a vedere bene come la dobbiamo definire. È la proporzione tra il numero di nuovi eventi insorti in un periodo di tempo e il numero di soggetti a rischio, cioè il numero di soggetti suscettibili. È chiaro? Quindi, mi raccomando, se doveste essere coinvolto in uno studio di incidenza, è molto importante togliere dal denominatore i soggetti già ammalati, che non sono suscettibili. Perché, secondo voi, è così importante? Qual è la differenza tra 1 su 8 e 1 su 10, proprio dal punto di vista aritmetico? Che il numero dà 1 su 10. Perfetto. E quindi che vuol dire, se non ho correttamente tolto dal denominatore i soggetti già ammalati, che rischio di fare di sottostimare l'incidenza della malattia? È chiaro, quindi, perché è importante ricordarselo bene. Mi raccomando. Quindi, ve l'ho messa anche come formula. Il numero di nuovi casi di malattia rilevati in un periodo di tempo delta T diviso non la popolazione, ma la popolazione a rischio di sviluppare la malattia. Ok? Ve l'ho scritto più di una volta. I soggetti a rischio sono suscettibili di contare la malattia e vanno esclusi assolutamente i soggetti già ammalati all'inizio del periodo di osservazione. Quindi, quando poi vi riguarderete questo schema, ricordatevi che vanno esclusi C ed E perché erano già ammalati all'inizio del periodo di osservazione. Ok? Quindi, mi raccomando, l'incidenza la dovete studiare bene. Allora, andiamola a confrontare, proprio perché così, saputo una, sappiamo pure l'altra e rapidamente le studiamo e ce ne troviamo in mezzo, la prevalenza. La prevalenza, intanto, è sempre una misura di frequenza. Ok? Quindi molto utile anche questa negli studi descrittivi, molto utile per proprio conoscere bene una popolazione e così via. Però è molto diversa, proprio come calcolo, come concetto. Perché se l'incidenza misura i nuovi casi di malattia in una popolazione suscettibile, invece la prevalenza, guarda caso, misura che cosa? Misura il numero totale di casi in una popolazione. Che vuol dire numero totale? Non solo i nuovi casi, quindi quelli che io posso osservare, ma anche quelli che già ammalati. Quindi andiamo a rivedere lo schema. Anche perché, diciamo così, la prevalenza migliore, quella più accurata che noi possiamo determinare, si chiama prevalenza periodale, quindi vada T0 a T1. Molto spesso però, siccome è molto, diciamo, complicata da calcolare, molto spesso la chiamiamo e la calcoliamo noi con un periodo di tempo, quindi lungo, giorni, mesi, settimane, anni, come invece può essere l'incidenza, ma ci limitiamo a un solo momento di osservazione, in realtà una convenzione. Prevalenza puntuale che cosa vuol dire? Vuol dire una giornata, quindi le 24 ore. Quindi che vuol dire? Vuol dire che vado a misurare il numero totale di casi quel giorno, diviso non più la popolazione suscettibile, ma la popolazione totale. Vedi, è un po' più semplice alla fine, sia da ricordare, sia da calcolare. Allora, andiamo a vedere, quindi vi dicevo, questo T0 puntuale vuol dire giorno indice. La prevalenza delle infezioni nel nostro reparto, oggi, 18 ottobre. La prevalenza delle infezioni nel nostro reparto tra una settimana, cioè il giorno 25. È proprio il T0 puntuale, un unico giorno. Allora, guardiamo un attimo lo schema. Immaginiamo che la nostra popolazione sia composta da questi 10 individui, ricaverebbe colpire sano, il pangurino rosso colpirebbe malato. Qual è allora la prevalenza oggi, T0? Che cosa c'è in questa nostra popolazione? C e D, ancora una volta, sono già malati e tutti gli altri sono sani. Quindi qual è la prevalenza? 2 su 10, cioè abbiamo detto la calcoliamo sulla popolazione totale. Programmiamo l'indagini prevalenza in un altro giorno, ok? In questo giorno, immaginiamo il 30 ottobre, qual è la differenza? Come sarà la prevalenza in questo secondo giorno? Perché? Diciamoli meglio. Due saranno sempre disetti, cioè quelli già malati. Noi dichiariamo casi predispensi alla nostra osservazione. E invece il soggetto A capiscerà un nuovo caso, ok? Come? Per l'incidenza. Se dovessimo calcolare l'incidenza, C e D li escluderemmo e ci concentreremmo solo sul nuovo caso H. Nella prevalenza, invece, prendiamo tutto. Prendiamo i due già malati prima, quindi predispensi, e il nuovo caso H. È chiaro? Va bene? Quindi, mi raccomando, quando proprio la studierete, molto rapidamente, cioè senza confondere, sono due piuttosto estremamente importanti per la popolazione in generale, estremamente importanti per la sicurezza dei nostri pazienti, estremamente importanti anche per le valutazioni, per esempio, dello stato di salute degli operatori, quindi nella medicina preventiva, nella prevenganza medica, e così via. E allora, andiamoci a vedere la diapositiva che definisce bene il calcolo della prevalenza. Che cos'è la prevalenza? È la proporzione tra il numero di casi totali. Mi raccomando, dobbiamo essere precisi. Che cosa sono i casi totali? Nuovi casi più i casi preesistenti. Che vuol dire preesistente? Già viene spiegato prima dell'inizio dello studio, quindi prima del periodo di osservazione. Diviso che cosa? Non si usa più la popolazione suscettibile al rischio, si prende direttamente la popolazione totale. E se lo studio riguarda veramente la popolazione italiana, la popolazione della città di Roma, la popolazione di Bruxelles, si usa anche qui una convenzione che è il dato demografico della popolazione a metà anno. Quindi il numero di individui di quella popolazione al 30 giugno di ogni anno. Ma questa è una convenzione per il denominatore. Quindi, il numero di casi totali sui stessi di malattia, nuovi casi più i casi preesistenti in un determinato istante, prevalenza puntuale, diviso per la popolazione totale. Mi raccomando, se dovessimo parlare all'esame, ricordatevi, prevalenza puntuale vuol dire in un solo giorno, quindi nell'arco delle 24 ore. Ok? È un artificio, ma è quello che usiamo. Esiste pure la prevalenza totale, ma chi se ne frega, sinceramente. In che senso? È esattamente identica, quindi numero totale di casi esistenti, nuovi casi, casi preesistenti, quindi numero totale, sulla popolazione totale, l'unica differenza è che non è più un giorno indice, ma è, di nuovo, un intervallo di tempo. Ok? Quindi, devo solo cambiare i miei calcoli. Ok? Se lavoro in questo intervallo di tempo, quanti saranno i casi? Saranno due preesistenti, C ed E, poi ci sarà H, nuovo caso, F, nuovo caso, I, nuovo caso, G, nuovo caso. Quindi ci saranno due casi preesistenti e quattro nuovi casi nel tempo di osservazione. Totale, numero totale di casi, 6, diviso che cosa? Diviso il totale della popolazione, quindi non tolgo più i malati all'inizio dello studio. Chiaro? E con questo, praticamente, ci abbiamo tolti, diciamo, un altro argomento consistente. Ok? Per la prossima volta, se ce la fate solo da guardare, quindi vi aggiorno il materiale, ve lo complifico anche, riguardatevi queste diapositive successive a incidenza e prevalenza, ricordo che l'altro giorno volevo, prima di metterlo sull'elm, volevo un po' semplicitare, togliervi alcune cose su cui, insomma, non insisteremo. Riguardatevelo, in particolare, per l'epidemiologia descrittiva e costruttiva. Ricordatevi che sono dei gradini consecutivi, ok? Quindi, la descrittiva è la base, e l'abbiamo detto, no? Ovviamente stamattina, e riguardatevi, tempo, luogo, persona. Poi c'è l'analitica costruttiva, e la trattiamo la prossima volta, però rileggetevela, no? Come abbiamo detto in quell'altra diapositiva. Che vuol dire analitica costruttiva? Studia la relazione, esposizione, effetto. Cioè, studia i rapporti, di fatto, causa e effetto. Poi, magari, non dimostra delle cause, ma dei fatti di mischio. Va bene. Ok? Va bene.