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PODCAST N. 65 L´OROLOGIO DEL FUTURO

PODCAST N. 65 L´OROLOGIO DEL FUTURO

Evaristo TisciEvaristo Tisci

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Sarebbe bello prendere il primo aereo o treno...

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The speaker reflects on the desire for freedom and the need for planning, particularly during the summer months. They discuss the conflict between wanting to be spontaneous and the necessity of scheduling and compromise. They argue that finding a balance is important, being flexible within a plan and embracing unexpected opportunities. Whether it's a vacation or a life project, the only certainty about the future is its uncertainty. Ci sono periodi dell'anno nei quali si è più propensi a guardare e programmare il futuro, anche se non così lontano nel tempo. Mi riferisco ovviamente ai mesi che precedono l'estate. I giovani studenti attendono con ansia il tanto agognato periodo di libertà. Libertà dagli studi, dalle aule sempre chiuse e buie, sempre troppo piccole e opprimenti per i sogni di un adolescente. Arrivano le vacanze dopo un anno di lavoro e di un orologio che, come un implacabile agente penitenziario, regola ogni momento delle nostre giornate. E in quei pochi giorni che scivolano via troppo velocemente, potremo finalmente fare tutto quello che ci va e non fare ciò che ci disturba. Ma anche in questo caso programmare il nostro tempo è inevitabile. Sarebbe bello prendere uno zaino con le poche cose necessarie, chiudere la porta di casa e prendere il primo treno o aereo o qualsiasi altro mezzo per andare chissà dove. Sì, perché poi ci accorgiamo di non essere soli e non sempre la persona che c'è accanto, magari dei figli, uno o più animali fedeli e in ultimo piante e giardini da innaffiare e custodire, ci permettono questo lusso. Quando la libertà di tutti porterebbe verso strade diverse, per interessi ed età, ecco che siamo necessariamente costretti a trovare il modo per accontentare tutti. Ma al di fuori dell'esempio delle singole vacanze, futuro e libertà spesso non coincidono se non col compromesso chiamato programmazione. Ed eccoci di nuovo a parlare del compromesso, il quale ineluttabilmente unisce due o più fazioni e contestualmente divide con la stessa forza due o più fazioni. Così i fautori della programmazione potrebbero definirla come la bussola che non fa perdere la rotta, la stella polare che ci guida verso il nord anche nelle notti più buie, ma soprattutto evita di far spregare quella risorsa così preziosa che è il tempo. Vero, risponderebbe la fazione avversa, ma programmare tutto il nostro futuro, che sia un breve periodo di vacanza o fasi più lunghe della nostra vita, appiattisce e svilisce la libertà di improvvisare, di cambiare idea all'ultimo momento, di essere in ritardo quando il concetto di ritardo non dovrebbe esistere. La programmazione è come quel piatto insipido perché privato del sale della fantasia, è quel treno che fa viaggiare su due binari paralleli che non hanno il potere di deviare e cambiare strada se si vuole. Personalmente penso che sia giusto trovare un compromesso nel compromesso, che detta così sembra voler accentuare ancor più il divario fra le due parti. In realtà penso sia importante essere elastici seppur all'interno di un programma, avere un piano B e comunque non sentirsi persi se non si è rispettata una tabellina di marcia, prendere un imprevisto come un'opportunità per soddisfare una nuova curiosità. Così se in vacanza si deve rinunciare ad una escursione perché ci si è alzati tardi o perché il tempo non lo permette, beh, pazienza, potremmo sempre andare a fare due passi in paese e prendere un buon caffè o restare in casa e finire di leggere quel libro lasciato a metà. Questo sia per una vacanza che per un progetto di vita, perché l'unica cosa certa del futuro è la sua incertezza. Sono Evaristo Tisci e questo è il mio podcast che si chiama Perché, ma forse lo cambio.

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