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Marco, Martina, and Lorenzo discuss the evolution of slavery throughout history. They start by talking about Seneca, a Roman philosopher who believed that slavery was unnatural and that slaves should be treated with humanity and respect. However, Seneca did not advocate for the abolition of slavery. They then discuss slavery in ancient Rome and how it declined with the spread of Christianity and the granting of Roman citizenship to many barbarian peoples. Next, Martina discusses the concept of slavery in Giovanni Verga's novella "Rosso Malpelo," which depicts the harsh life of a young Sicilian miner. The story explores themes of suffering, oppression, and the harsh realities of life. The authors aim to provide an objective portrayal of the lives of miners and the acceptance of their marginalized existence. Malpelo, the main character, is treated with contempt and develops a deep-seated anger that he directs towards others. This behavior reflects the cycle of violence and mistreatment p Ciao a tutti, siamo Marco Bevilacqua, Martina Bordini e Lorenzo Belcarelli, e oggi con questo podcast andremo a parlare dell'evoluzione delle forme di schiavitù nel tempo. Ciao a tutti, sono Marco. Iniziamo a parlare della schiavitù ai tempi di Seneca. Prima di addentrarci nell'analisi all'interno della storia contemporanea dell'autore, conosciamo qualche caratteristica di questo filosofo e scrittore. L'uso a neo-Seneca è stato un filosofo, drammaturgo e politico romano, vissuto nel I secolo d.C. Infatti è stato uno dei massimi esponenti dello stoicismo e senatore durante l'età Giulio Claudia. Durante il suo percorso retterario ha affrontato il tema della schiavitù. Riteneva infatti che la schiavitù fosse una condizione innaturale, in quanto tutti gli uomini sono uguali e liberi per natura. Afferma anche che gli schiavi devono essere trattati con umanità e rispetto, poiché sono esseri umani come tutti gli altri. Tuttavia, nonostante la sua critica alla schiavitù, Seneca non sembra aver sostenuto l'abolizione di quest'ultima, ma bensì pare che abbia incoraggiato i padroni a trattare con giustizia e criterio i propri schiavi. In tutte le fasi storiche di Roma si può riscontrare il fenomeno per l'appunto della schiavitù. L'identità numerica e l'importanza economica e sociale della schiavitù nella Roma Antica aumentò con l'espansione del dominio di Roma e la sconfitta di popolazioni che venivano sottomesse e molto spesso prese schiave. Soltanto a partire dal Tardo Impero, con la conclusione delle guerre di conquista e l'ascesa al potere di imperatori non italici, la diffusione del cristianesimo e la concessione della cittadinanza romana a molti popoli barbari, in seguito al loro arruolamento nelle legioni romane, oppure al pagamento dei tributi, il fenomeno della schiavitù cominciò a declinare e poi estinguersi progressivamente. In lingua latina schiavo si diceva servus oppure ancillus, il titolare del diritto di proprietà sullo schiavo era detto dominus. C'è notizia anche di schiavi posseduti da altri schiavi. In questo caso, formalmente, il primo schiavo, che era detto ordinarius, non era proprietà dell'altro, che era detto vitarius, ma faceva parte del suo peculium, l'insieme di beni che il dominus si concedeva di tenere per sé. I romani consideravano l'essere schiavi come una condizione infame ed un soldato romano preferiva togliersi addirittura la vita, piuttosto che diventare schiavo di un qualsiasi popolo barbaro. Il termine barbaro, derivante dalla lingua greca barbaros, con il quale prima i greci e poi i romani definivano gli stranieri, ossia rispettivamente i non greci e i non romani. Adesso però andiamo finalmente ad analizzare insieme il pensiero di Seneca. Confutando i catoni di Rodi, Seneca proclama che vi sia, sul piano morale, un rapporto effettivo di uguaglianza tra padrone e schiavo. La sua confutazione si fonda su di un buon numero di argomentazioni relative al trattamento dello schiavo. Nella prima, Seneca afferma che solo il corpo dello schiavo è sottoposto a schiavitù, il suo spirito, infatti, ne esente, pertanto può farti carico di azioni morali. L'argomentazione è preceduta da due riflessioni di carattere giuridico. La prima argomentazione ci dice che attribuire alle azioni di uno schiavo un valore diverso rispetto a quello di un uomo libero è contrario allo ius humanum. Secondo questo, infatti, ciò che importa è la disposizione d'animo del benefattore, non la sua condizione sociale. Qui, Seneca fa appello al principio dell'uguaglianza di diritto nella sfera della vita privata. Nell'altra riflessione di ordine giuridico, Seneca si riferisce alla capacità giuridica parzialmente attiva dello schiavo. Non tutte le azioni di uno schiavo possono essere considerate degli obblighi, e che vi è quindi spazio per la libera iniziativa. Un altro principio stoico che viene invocato da Seneca e che compare sia nella lettera 47 che nel libro III del De Beneficis, afferma che le uniche significative differenti tra gli uomini risiedono nella virtù, la cui acquisizione rientra nel controllo di ciascuno. Quindi, la condizione sociale della schiavitù tocca solo il corpo e non la mente. Alla schiavitù calata dall'alto da una fortuna avversa ma che non intacca necessariamente le virtù dell'individuo che la subisce, Seneca contrappone una schiavitù di ordine morale, la subvitanza nei confronti dei vizi e delle passioni, l'unica veramente ripugnante. Le virtù dell'humanitas e della clemenzia dovrebbero governare le relazioni con gli schiavi e con gli altri uomini, mentre la libertà verso gli schiavi e i liberti conta come adempimento degli obblighi di altruismo. Infine, lo schiavo può essere trattato come un pari, ammesso alla conversazione, interpellato per consigli e invitato al tavolo del padrone regolarmente non solo durante il Saturnalia. Quindi è in potere dello schiavo, come dell'uomo libero, ottenere la vera libertà, ossia l'indipendenza spirituale dalla fortuna o optare per la vera schiavitù, ossia la volontaria sottomissione ai piaceri e ai desideri. Queste idee, presenti in Euripide e nella Nuova Commedia, predicate da cinici e stoici, furono rivolte agli schiavi o a chiunque si trovasse in una condizione di sudditanza. Esse fanno parte dell'insegnamento, della rassegnazione e dell'accettazione in Seneca ed Epitetto. Lo schiavo dovrebbe concentrarsi sulla sua evoluzione spirituale, coltivando l'accettazione della propria condizione. Ora, dopo aver parlato della condizione di schiavitù nell'Antica Roma, andiamo a vedere un altro punto di vista con Martina. Ciao, sono Martina, e con me continueremo a trattare questo argomento spostandoci alla concezione di schiavitù nella novella Rosso Malpelo di Giovanni Verga, una storia piena di sofferenza e di oppressione. Prima di addentrarci nel vero significato di questo capolavoro, andiamo però a conoscere la sua trama. Verga racconta la vita di un giovane ragazzo siciliano che lavora come minatore in una cava di rena, conducendo una vita dura e priva di ogni forma d'affetto. Lavorerà con il padre, Mastro Misciu, l'unica persona che gli mostrerà realmente affetto. Stinto dal disperato bisogno di soldi, però, il padre accettò il pericoloso incarico di lavorare all'abbattimento di un pilastro, rifiutato dagli altri minatori per l'estrema pericolosità. Una sera, infatti, mentre stava scavando, quel pilastro gli cadde addosso, e il figlio, nella disperazione, chiederà aiuto mentre si affanna a scavare con le mani nude, ma Mastro Misciu resterà sepolto sotto la montagna di rena. Malpelo, dopo la morte dell'unica figura che nella sua vita gli mostrava realmente affetto, diventa sempre più scorgutico, iniziando così a sfogare la sua rabbia sugli altri, in particolare su Grigio, un asinello. Alla cava, un giorno, arriverà a lavorare un ragazzino, soprannominato Ranocchio, per il quale Malpelo svilupperà un rapporto di amore e odio. Da un lato, infatti, lo protegge, mentre dall'altro lo tormenta, picchiandolo e maltrattandolo, con lo scopo di insegnargli le dure leggi della vita, la quotidiana lotta di tutti contro tutti e la sopravvivenza del più forte. Dopo la morte del padre, anche Ranocchio, indebolito dalla fatica e dalle inumane condizioni di lavoro, si ammalerà e morirà, lasciando Malpelo completamente solo, ormai senza nessuno per cui vivere. Il ritrovamento degli oggetti appartenuti al padre, ovvero un paio di calzoni, un piccone e una zappa, durante una giornata di lavoro nella miniera, spaventa Malpelo all'idea di ritrovarne anche il cadavere, per cui deciderà di offrirci come volontario per una pericolosa esplorazione di un passaggio della cava che lo porterà a smarrirsi nei suoi conicoli intricati. Nessuno si cura della sua sorte ed egli sparisce nelle viscere della terra, nell'indifferenza generale, senza lasciare alcuna traccia di sé. L'autore non mira a fare una denuncia sociale, ma vuole piuttosto descrivere in maniera oggettiva le condizioni di vita dei lavoratori delle miniere. L'emarginazione e la sovraffazione ingiustificata di cui è fatto getto Malpelo vengono accettati totalmente, poiché ritenuti una legge di natura immutabile e priva di ogni tipo di alternative. Nella vicenda viene nascosto il vero nome del ragazzo, infatti persino la mamma aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo. A Malpelo inoltre vengono attribuiti molti aggettivi dispregiativi, come bruttoceffo, torvo, renghioso o selvatico, con i quali Verga spiega che era vita ad averlo ridotto così, poiché la mamma lo trascura mentre la sorella si vergogna di lui. Prossimo a Malpelo trae la sua rabbia dal fatto che il colore dei capelli rossi veniva associato al diavolo, e quindi era sempre stato emarginato solo per una diversità vuota di nessuna base scientifica. La rabbia con cui è sempre stato trattato lo ha completamente pervaso, e questa rabbia accumulata man mano non è mai escemata a quel tempo, anzi si autoalimentava fino a traboccare, riversandosi su chi gli stava attorno. La rabbia con cui lo ha sempre trattato Mastro Mischu è stato un seme di odio che ha continuato a crescere dentro di lui, e quando a sua volta si è trovato a relazionarsi con soggetti come lui diversi dalla norma, non realizzava nemmeno di star trasferendo l'odio ricevuto verso altri, anzi interpretava il trattare in maniera così odiosa agli altri come per accedere negli altri la scintilla per automigliorare il loro stato d'animo e la loro condizione. Esprimendo rabbia attraverso un comportamento ridele, forte e spesso violento, ci rappresenta esattamente il paradigma per il quale quando si riceve un comportamento d'odio o una violenza, la vittima automaticamente si autocolpevolizza e questo odio ricevuto viene percepito e riproposto in maniera distorta, una sorta di non ti sto picchiando, umiliando o violentando, ti sto soltanto insegnando una lezione affinché tu possa migliorare. Una società non inclusiva, marginalizzante, genera appunto questa visione distorta nella vittima, la quale alimenta la diffusione di questo odio. L'emarginato, infatti, emarginerà altri a sua volta. Chi subisce violenza riproporrà violenza, pur non percependo esattamente la gravità che tale comportamento genera nella società. Rossomalpelo è un ragazzo il cui colore di capelli è stato un forte connotato negativo. La società, infatti, fondamentalmente utilitaristica, ha sempre maltrattato chi non risultava conforme agli standard o comunque non era utile alla società, sia da un punto di vista economico che di non inclusione sociale. La crudeltà di una società non inclusiva di persone non conformi agli standard di aspetto o utilità, rende a sua volta crudele chi la crudeltà la subisce per primo, perché si è rivolto ad altri con la stessa crudeltà, di fatto in una spirale di crudeltà infinita. Questa riflessione ci fa pensare alle vecchie e nuove forme di schiavitù. Nel passato, infatti, la schiavitù era una pratica comune in molte parti del mondo. Gli schiavi erano considerati come proprietà e venivano trattati come tali. Il fenomeno dello sfruttamento minorile è ancora presente in molte parti del mondo, in quanto il lavoro sottopagato ai bambini garantisce lauti profitti alle aziende che vi ricorrono. La condizione di Rossomalpelo, il protagonista che descriveva quasi 150 anni fa nel 1880 Verga, è simile a quella dei bambini che ancora oggi vivono situazioni di deprivazione e maltrattamento. Tuttavia, le modalità di sfruttamento sono cambiate nell'era della globalizzazione e del post-capitalismo. Con la globalizzazione le aziende hanno spostato la produzione in paesi dove i costi della manodopera sono bassi, il che ha portato ad un aumento dello sfruttamento minorile in questi paesi. Inoltre, la globalizzazione ha portato ad una maggiore concorrenza tra le aziende, il che ha portato a sua volta ad una riduzione dei salari e dei diritti dei lavoratori. Nel post-capitalismo invece si cerca di superare il capitalismo e di creare un sistema economico più sostenibile ed equo. Tuttavia, nonostante questi esporti, lo sfruttamento minorile è ancora presente in molte parti del mondo e rappresenta una grave violazione dei diritti umani. Ora lascio la parola a Lorenzo che ci illustrerà come la schiavitù è ancora presente in molte parti del mondo. Ed oggi, con questo podcast, andremo a parlare dell'evoluzione delle forme di schiavitù nel tempo. Ciao a tutti, sono Lorenzo e con me concluderemo questo percorso in un mondo che spesso celebra progressi e avanzamenti, è riuscire a confrontarsi con una realtà oscura e persistente, la schiavitù nel XX secolo. Nessun individuo potrà essere ritenuto inserito in schiavitù o riservitù. La schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma. Eppure, nonostante qualche sancito dalla dichiarazione universale dei diritti umani, la schiavitù è ben lontana dall'essere devellata, tanto che si parla di schiavitù moderna. La schiavitù moderna è comunque persistente e la società contemporanea camuffata da varie forme di sfruttamento, più grave e disumana dell'altra. La schiavitù non è qualcosa che riguarda solo il passato, è una pratica che, come abbiamo potuto vedere, ha radici profondi e che riguarda tutti i paesi. Incredibilmente, nessuno dei 167 paesi considerati all'indice è completamente privo. Se pensiamo in Italia, al 141° posto, dove si troverebbero all'incirca 129.600 persone stanno in schiavitù. Più persone stanno in schiavitù oggi che in qualsiasi altro momento della storia. Nel 2017, le persone vittime della schiavitù moderna in tutto il mondo erano più di 40 milioni. La schiavitù moderna ha le conseguenze per tutti, non solo per coloro che ne sono direttamente coinvolti. Infatti, lo sfruttamento del lavoro può avere conseguenze negative sia per i lavoratori che per l'economia in generale, abbassamento dei salari, riduzione energetica fiscale. Infatti, i lavoratori sfruttati spesso non pagano neanche i tassi sul reddito. È passato un secolo e mezzo da quando Abraham Lincoln ha voluto la schiavitù ufficialmente. Quasi 60 anni da richiarazione universale dei diritti dell'uomo che la vieta, ma ancora oggi ne sono tantissimi i lavoratori sfruttati sull'urbana schiavitù. Si possono far rientrare nella definizione del senso oggi i lavori corsati, le prestazioni professionali smolte e non volontariamente sotto minacce o costrezioni fisiche. Pare che lo scenario economico di crisi diffusa abbia favorito, ovviamente, il business mondiale e lo sfruttamento schiavistico. Come negli anni d'antichità, grandi gruppi criminali, spesso le forze nazionali, reclutano e catturano i doni per la forza. La ricaccia o l'inganno, a volte anche un bianco supple di, approfittando della condizione di povertà in cui si trovano sia loro che le loro famiglie. Un'altra formazione che ancora bisogna riscontrare è anche nel settore agricolo, forestale, ma anche nella pesca, che globalmente conta circa 1,2-3 miliardi di lavoratori. In questo numero, a settimane che cerca, 3,5 milioni lavorano in condizioni In molti paesi, infatti, il lavoro agricolo è poco regolato e la prevenzione legale di lavoratori, talvolta, è debole e, se non del tutto, asserbe. Quindi, dietro a un cibo di sale da tavola, possono esserci le varie sfidite di lavoratori stagionali che operano in condizioni fuori da ogni regola, da ogni identità umana. E questo fenomeno non riguarda solo aree disagiate e paesi poveri. Ciò che accadde in una stazione di Michigan, il più grande produttore di biertini degli Stati Uniti, è che i bambini, per lo più migrati dal Messico, vengono sfruttati nei campi per raccogliere i frutti, perché hanno i valori più piccoli e quindi più adatti a raccogliere le piccole bacche. Questo non è niente in confronto a un bambino di 10 anni che può usare una K47 come un adulto. Non chiede paghi, si fa indottrinare e controllare un evento più facilmente da un adulto, affronta il pericolo con maggiore inconscienza attraverso campi privati o si intruffa come una spia nei territori nemici. Alcuni sono regolarmente deputati in esercizi nel loro paese, altri fanno parte di armate regolari di opposizione ai governi, ma in entrambi i casi non vivono una vita che da bambini. Si dice che alcune ragazze escono come volontari. In questo caso le cause possono essere diverse, per lo più c'è il rispetto alla fame, il bisogno di protezione, talvolta anche il sostanzo della vendetta. Infatti un motivo può essere una certa culturale violenza, oppure il desiderio di vendicare atrocità con messaggio ai loro parenti o alla loro comunità. Poi non parlare di bambini e delle bambine costrette a voli forzati, vittime di traffici sessuali o se vogliate come squattri. Al mondo su mille persone tre sono schiave, ma quindi come possiamo combattere queste forme di schiavitù? Beh, in primo luogo dobbiamo essere consapevoli del problema e diffondere la conoscenza di questo tema. Infatti questo è l'obiettivo di questo podcast, sensibilizzare e andarci consapevoli del fatto che nonostante molti consideri una schiavitù relegata al passato, ciò dimostra che ha ancora una piega reagante nella nostra società.