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L'attento gli continua. La mia affidata Seba cammina in tapparate senza toppa su di giù. L'ho capito dagli spicchiolini provocati dalla pressione di suoi piccoli piedi sul legno del pavimento. Passeggia per non invecchiare, per non fare malintensazione. Ti aiuto di fregare il tempo, di ingannare Dio, cappino, di non farti sorprendere dagli agguati della morte. Non mi ha mai raccontato la sua vita, o forse sono io che non voglio più ascoltarla e lei mi aiuta volentieri. Lui no. Lui continua a farmi visita e a pretendere di collocare con me. Ma certo, lui ha ragione. Non può essere tanto. Non ha la sua età. Nessun altro di me. Contestato per lei, che ha partito di una sala. Questo è una vecchia preghiera. Sono portato cinque secoli. Una preghiera d'amore. Una meditazione sulla sofferenza. Certo. Sofferenza, ora, sofferenza, ora. Che barba. Perché continua a commentare? Se può. Che bisogno di lui? Se non voleva più. Ma di cosa vuole? Non ho preta. Non mi sento pronto. Non ha cuore. Nessuno. Non voglio più collocare con te. Non ho bisogno. Non necessito di nessuno per morire. Certo. Che faccio io? Anche per me è una strada. Anche per lei. Anche per lei è una strada facile. Raccontami. Raccontami il nome. Ha amato me. Sì. Ha abbracciato. Ha cercato. Non lo racconta. Non lo so se... Non so se sono capace di... Non lo so. Ed io? Non si addormenti sulla poltrona. Sta continuando a parlare da fuori. Come dava fuori nell'indivisa. Pazzo. Pazzo.